lunedì 23 marzo 2009

Su redattore sociale.it

Maternità e crisi: sempre più italiane bussano ai Centri di aiuto alla vita

Lavoro instabile, casa in affitto, aumento del costo della vita
rendono difficile l'impegno di crescere un figlio. Non solo per le
straniere, ma anche per le italiane. Per evitare l'aborto, boom di
richieste alla rete del Movimento per la vita

ROMA - Fare un figlio, in tempi di crisi, è sempre più difficile. Non
solo per le donne straniere, ma anche per le italiane, che nelle
ultime settimane, sempre più spesso, bussano in tutta Italia alle
porte dei Centri di aiuto alla vita (Cav) per chiedere un sostegno che
permetta loro di affrontare con meno difficoltà economiche la
gravidanza, rinunciando così anche all'eventualità di ricorrere
all"aborto. A confermare il fatto che lavoro instabile, casa in
affitto, aumento del costo della vita stanno facendo crescere anche
fra le donne italiane la tendenza ad interrogarsi sull’opportunità di
mettere al mondo un figlio è Erika Laura Palazzi Vitale, la
responsabile nazionale di "Progetto Gemma”, iniziativa gestita in
collaborazione con la rete del Movimento per la vita italiano e degli
oltre 300 centri operanti su tutto il territorio nazionale.

“Nelle ultime settimane – spiega – sono nettamente in aumento le
richieste di aiuto che ci provengono da donne italiane: a rivolgersi
ai nostri centri per chiedere un sostegno legato alla gravidanza
infatti fino all’anno scorso erano soprattutto le straniere, che al
nord superavano anche percentuali pari al 70%. Negli ultimi tempi il
numero delle richieste complessive è aumentato, e fra queste sono
cresciute in modo particolare quelle provenienti dalle italiane, che
sono ora la metà del totale”. Per Palazzi Vitale la tendenza è la
stessa su tutto il territorio nazionale, ma “è particolarmente
visibile al nord, dove il numero delle straniere era finora
particolarmente elevato”. Il boom di richieste delle italiane è
peraltro confermato anche nella capitale, dove al Cav Roma Eur –
spiega il presidente Giorgio Gibertini – “abbiamo registrato un
aumento di mamme e di giovani coppie italiane”.

“Non c’è dubbio – precisa sulle cause del fenomeno la responsabile di
“Progetto Gemma”– che la chiusura di grandi centri lavorativi come
supermercati o stabilimenti ad alta percentuale di occupazione
femminile stia influendo enormemente: la diminuzione o la mancanza di
lavoro è una costante nella situazione di difficoltà delle donne che
bussano ai nostri centri”. Le famiglie, insomma, fanno fatica a far
quadrare i conti e “una gravidanza, cioè il presentarsi di un bambino,
spaventa moltissimo”. Parole che, sul versante del volontariato
impegnato per “l’accoglienza alla vita”, fanno il paio con quanto
sostenuto nei giorni scorsi sul versante sanitario dal direttore della
clinica Mangiagalli di Milano, Basilio Tiso, per il quale “mai come
adesso la mancanza di soldi sta condizionando la decisione di tenere
un bambino, anche e soprattutto tra le italiane”. Difficoltà che si
sta traducendo in un aumento delle richieste di abortire per
difficoltà economiche, “soprattutto fra le italiane”.

Ognuno dei 300 Centri di aiuto alla vita ha assistito, secondo gli
ultimi dati disponibili (2007), una media di 150 donne all’anno, per
un totale di circa 45 mila donne. Le donne in gravidanza che chiedono
aiuto sono per lo più sposate, hanno un’età fra i 25 e i 34 anni (il
54%), e dichiarano di essere prevalentemente casalinghe (37%) o senza
lavoro (32%). Difficoltà economiche, disoccupazione e alloggio
insufficiente o mancante sono i principali problemi che vengono
segnalati. Quanto al numero di bambini nati da donne aiutate dai Cav,
la stima è di circa 13 mila bambini venuti alla luce nel corso del
2007, per un totale di quasi 100 mila nascite “aiutate” dal 1975 (data
di nascita del primo Cav a Firenze) ad oggi. (ska)

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