lunedì 28 febbraio 2011

Il Papa: l’aborto è sempre un’esperienza distruttiva


«Non fare mancare gli aiuti necessari alle donne»

il tema

Nel discorso alla Pontificia Accademia per la vita anche il richiamo alla coscienza dei padri che lasciano sole le donne incinte. L’eclissi del senso del vivere fa sì che talvolta siano gli stessi medici a indicare l’aborto «non solo come scelta moralmente lecita ma come doveroso atto terapeutico». A chi ha abortito l’invito al pentimento: il Dio di ogni misericordia vi aspetta per offrirvi il perdono e la pace


Pubblichiamo il discorso rivolto dal Papa ai partecipanti alla XVII Assemblea generale della Pontificia Accademia per la vita. Due i temi affrontati dai membri della Pontificia Accademia durante la riunione iniziata il 24 febbraio: «Le banche di cordone ombelicale» e «Il trauma post-aborto».

S ignori cardinali, venerati fratelli nell’episcopato e nel sacerdozio, cari fratelli e sorelle, vi accolgo con gioia in occasione dell’Assemblea annuale della Pontificia Accademia per la vita. Saluto in particolare il presidente, monsignor Ignacio Carrasco de Paula, e lo ringrazio per le sue cortesi parole. A ciascuno rivolgo il mio cordiale benvenuto! Nei lavori di questi giorni avete affrontato temi di rilevante attualità, che interrogano profondamente la società contemporanea e la sfidano a trovare risposte sempre più adeguate al bene della persona umana. La tematica della sindrome post-abortiva - vale a dire il grave disagio psichico sperimentato frequentemente dalle donne che hanno fatto ricorso all’aborto volontario - rivela la voce insopprimibile della coscienza morale, e la ferita gravissima che essa subisce ogniqualvolta l’azione umana tradisce l’innata vocazione al bene dell’essere umano, che essa testimonia. In questa riflessione sarebbe utile anche porre l’attenzione sulla coscienza, talvolta offuscata, dei padri dei bambini, che spesso lasciano sole le donne incinte. La coscienza morale – insegna il Catechismo della Chiesa cattolica – è quel «giudizio della ragione, mediante il quale la persona umana riconosce la qualità morale di un atto concreto che sta per porre, sta compiendo o ha compiuto» (n. 1778). È infatti compito della coscienza morale discernere il bene dal male nelle diverse situazioni dell’esistenza, affinché, sulla base di questo giudizio, l’essere umano possa liberamente orientarsi al bene. A quanti vorrebbero negare l’esistenza della coscienza morale nell’uomo, riducendo la sua voce al risultato di condizionamenti esterni o ad un fenomeno puramente emotivo, è importante ribadire che la qualità morale dell’agire umano non è un valore estrinseco oppure opzionale e non è neppure una prerogativa dei cristiani o dei credenti, ma accomuna ogni essere umano. Nella coscienza morale Dio parla a ciascuno e invita a difendere la vita umana in ogni momento. In questo legame personale con il Creatore sta la dignità profonda della coscienza morale e la ragione della sua inviolabilità.
N ella coscienza l’uomo tutto intero -Iintelligenza, emotività, volontà - realizza la propria vocazione al bene, cosicché la scelta del bene o del male nelle situazioni concrete dell’esistenza finisce per segnare profondamente la persona umana in ogni espressione del suo essere. Tutto l’uomo, infatti, rimane ferito quando il suo agire si svolge contrariamente al dettame della propria coscienza. Tuttavia, anche quando l’uomo rifiuta la verità e il bene che il Creatore gli propone, Dio non lo abbandona, ma, proprio attraverso la voce della coscienza, continua a cercarlo e a parlargli, affinché riconosca l’errore e si apra alla Misericordia divina, capace di sanare qualsiasi ferita.

I medici, in particolare, non possono venire meno al grave compito di difendere dall’inganno la coscienza di molte donne che pensano di trovare nell’aborto la soluzione a difficoltà familiari, economiche, sociali, o a problemi di salute del loro bambino. Specialmente in quest’ultima situazione, la donna viene spesso convinta, a volte dagli stessi medici, che l’aborto rappresenta non solo una scelta moralmente lecita, ma persino un doveroso atto «terapeutico» per evitare sofferenze al bambino e alla sua famiglia, e un «ingiusto» peso alla società. Su uno sfondo culturale caratterizzato dall’eclissi del senso della vita, in cui si è molto attenuata la comune percezione della gravità morale dell’aborto e di altre forme di attentati contro la vita umana, si richiede ai medici una speciale fortezza percontinuare ad affermare che l’aborto non risolve nulla, ma uccide il bambino, distrugge la donna e acceca la coscienza del padre del bambino, rovinando, spesso, la vita famigliare.
Tale compito, tuttavia, non riguarda solo la professione medica e gli operatori sanitari. È necessario che la società tutta si ponga a difesa del diritto alla vita del concepito e del vero bene della donna, chemai, in nessuna circostanza, potrà trovare realizzazione nella scelta dell’aborto. Parimenti sarà necessario – come indicato dai vostri lavori – non far mancare gli aiuti necessari alle donne che, avendo purtroppo già fatto ricorso all’aborto, ne stanno ora sperimentando tutto il dramma morale ed esistenziale. Molteplici sono le iniziative, a livello diocesano o da parte di singoli enti divolontariato, che offrono sostegno psicologico e spirituale, per un recupero umano pieno. La solidarietà della comunità cristiana non può rinunciare a questo tipo di corresponsabilità. Vorrei richiamare a tale proposito l’invito rivolto dal venerabile Giovanni Paolo II alle donne che hanno fatto ricorso all’aborto: «La Chiesa sa quanti condizionamenti possono aver influito sulla vostra decisione, e non dubita che in molti casi s’è trattato d’una decisione sofferta, forse drammatica. Probabilmente la ferita nel vostro animo non s’è ancor rimarginata. In realtà, quanto è avvenuto è stato e rimane profondamente ingiusto.

Non lasciatevi prendere, però, dallo scoraggiamento e non abbandonate la speranza. Sappiate comprendere, piuttosto, ciò che si è verificato e interpretatelo nella sua verità. Se ancora non l’avete fatto, apritevi con umiltà e fiducia al pentimento: il Padre di ogni misericordia vi aspetta per offrirvi il suo perdono e la sua pace nel sacramento della Riconciliazione. Allo stesso Padre e alla sua misericordia potete affidare con speranza il vostro bambino.

Aiutate dal consiglio e dalla vicinanza dipersone amiche e competenti, potrete essere con la vostra sofferta testimonianza tra i più eloquenti difensori del diritto di tutti alla vita» (Enc.Evangelium vitae ,99 ).

a coscienza morale dei ricercatori e diLtutta la società civile è intimamente implicata anche nel secondo tema oggetto dei vostri lavori: l’utilizzo delle banche del cordone ombelicale, a scopo clinico e di ricerca. La ricerca medico-scientifica è un valore, e dunque un impegno, non solo per i ricercatori, ma perl’intera comunità civile. Ne scaturisce il dovere di promozione di ricerche eticamente valide da parte delle istituzioni e il valore della solidarietà dei singoli nella partecipazione a ricerche volte a promuovere il bene comune. Questo valore, e la necessità di questa solidarietà, si evidenziano molto bene nel casodell’impiego delle cellule staminali provenienti dal cordone ombelicale. Si tratta di applicazioni cliniche importanti e di ricerche promettenti sul piano scientifico, ma che nella loro realizzazione molto dipendono dalla generosità nella donazione del sangue cordonale al momento del parto e dall’adeguamento delle strutture, per rendere attuativa la volontà di donazione da parte delle partorienti. Invito, pertanto, tutti voi a farvi promotori di una vera e consapevole solidarietà umana e cristiana. A tale proposito, molti ricercatori medici guardano giustamente con perplessità al crescente fiorire di banche private per la conservazione del sangue cordonale ad esclusivo uso autologo. Tale opzione – come dimostrano i lavori della vostra Assemblea – oltre ad essere priva di una reale superiorità scientifica rispetto alla donazione cordonale, indebolisce il genuino spirito solidaristico che deve costantemente animare la ricerca di quel bene comune a cui, in ultima analisi, la scienza e la ricerca mediche tendono.
Cari fratelli e sorelle, rinnovo l’espressione dellamia riconoscenza al presidente e a tutti i membri della Pontificia Accademia per la vita per il valore scientifico ed etico con cui realizzate il vostro impegno a servizio del bene della persona umana. Il mio augurio è che manteniate sempre vivo lo spirito di autentico servizio che rende le menti e i cuori sensibili a riconoscere i bisogni degli uomini nostri contemporanei. A ciascuno di voi e ai vostri cari imparto dicuore la benedizione apostolica.

Benedetto XVI

Abortire «non risolve nulla ma uccide il bambino, distrugge la donna e acceca la coscienza del padre del bambino rovinando spesso la vita familiare»«Il tema della sindrome post abortiva rivela la voce insopprimibile della coscienza morale» «La società tutta difenda il diritto alla vita e del vero bene della donna»

VANGELO E SOCIETÀ

Fonte foto: http://www.chedonna.it/wp-content/uploads/feto1.jpg

Continuiamo a fare i medici...


La nostra esperienza quotidiana di medici negli ospedali, sul territorio, negli ambulatori e ovunque dice che nella nostra professione non c’è posto per una legge sul fine vita, comunque la si voglia chiamare: testamento biologico o DAT (che è pure peggio, perché anticipare è voler prevedere, predeterminare e infine autodeterminare il futuro di sé, cosa all’uomo proprio non possibile, erronea in partenza). (Quanta distanza tra bio-testamento e dichiarazioni anticipate (C.Casini, L’Avvenire, 25/<!--[if !vml]--><!--[endif]-->02/2011)
I legislatori facciano pure: sappiano però che non c’è altro modo di salvare tante Eluana se non attraverso maestri che riprendano a formare medici amanti della propria professione perché capaci di amare il proprio destino e il destino di chi è loro affidato. Riconosca il Parlamento che non è in suo potere (e neanche nostro) di salvare altre Eluana. (La legge non serve? Diteci come salverete la prossima Eluana (A. Morresi, Il Foglio, 24/02/2011)
Se una legge “s’aveva da fare” era quella che già suggerimmo anni fa:  che vietasse chiaramente eutanasia passiva e attiva con sanzioni  penali per eventuali condotte mediche fuorilegge alla Riccio o alla  Del Monte. Non si può protocollare per legge un atteggiamento che è del medico di fronte al suo malato, nemmeno con la motivazione di salvare altre Eluana. 
Se nel nostro paese c’è ormai una mentalità che mette a rischio la vita di chi è fragile e indifeso, non la fermeremo sicuramente con una legge che sarà solo l’inizio di un contenzioso quotidiano, costante, tra chi assiste e cura e il fiduciario dell’assistito, con  una perdita di tempo enorme rispetto ai tempi che al malato sono dovuti. Ci sarà ancora qualcuno che avrà tempo per interessarsi realmente del suo paziente?  Non fermeremo questa mentalità con una legge: chi vorrà determinare la morte di sé o di un parente lo potrà fare comunque, attraverso giudici che modificheranno l’assetto della legge stessa, inevitabilmente. E gli altri che invece amano la vita continueranno a rispettarla, senza far ricorso a testamenti, fidandosi del proprio medico. Quanta fatica per nulla.
Alla fine possiamo dire che questa questione non ci interessa, non ci sta a cuore, perchè fuori dalla nostra portata quotidiana. Noi vogliamo solo poter continuare a curare degnamente, a fare il nostro “mestiere”. Con questa legge – con qualsiasi legge sul testamento biologico o DAT - c’è davvero il rischio che chi si affeziona al paziente si veda esautorato da un collegio di “esperti” quando richiesto dal fiduciario. E’ medicina questa? No:  è solo il modo per disamorare il medico dal suo lavoro. Noi vogliamo continuare a lavorare affezionandoci alle persone e nell’esclusivo interesse per il paziente, perché è questo che compie anche noi. Per questo non serve una legge, non serve nessuna legge.


Editoriale a cura di C. Isimbaldi

Fonte foto:http://www.loschiaffo.org/wp-content/uploads/2009/02/medici.jpg

venerdì 25 febbraio 2011

La vita è quella che ho visto


Che cos’è la vita? La vita è quella che ho visto io. 

Quella che tieni stretta con le unghie e con i denti perché hai paura che te la strappino via. 

La vita è tutte le lacrime salate che ho visto e che ho pianto, perché proprio quando non ce la fai più ti aggrappi anche a quelle. 

La vita è l’abbraccio ad un camice verde che ha fatto tutto il possibile. 

La vita è un urlo disperato che ti entra dentro e ti scuote. 

La vita è quando un sorriso vale più di miliardi di parole.  

La vita è l’attesa. L’attesa che ti frulla e non ti molla più. 

La vita è anche una parola, quella parola. E quando arriva inizi a respirare.

La vita è il sorriso di Dio. E ogni volta che Dio sorride, credetemi è un miracolo.

(Pensieri sparsi nell' Istituto Europeo di Oncologia IEO, Milano)

giovedì 24 febbraio 2011

Quei paletti necessari

«Quei paletti alla fine sono necessari»
Avrebbe dovuto finalmente riprendere oggi alla camera bassa la discussione, e susseguente approvazione, della legge sul fine vita o, come è giusto chiamare, delle «Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento». Il tutto è slittato, causa precedenza del milleproroghe (quindi questa è la proroga mille e uno?) ai primi di marzo.
Manca quindi pochissimo, ma il dibattito monta e l’opinione pubblica si scalda, soprattutto quella dei favorevoli all’eutanasia che leggono il testo di questa comunque imperfetta proposta di legge, come ingannevo-le, ideologico, autoritario, anticostituzionale e poi declamatorio, superfluo e menzognero… tanto per cominciare.
Ingazio Marino, medico e senatore Pd, e l’immancabile Beppino Englaro hanno addirittura inventato un happening teatrale dal titolo: «Le ragioni del cuore: testamento biologico. Sentimenti e diritti a confronto» e il modello teatrale è direttamente preso da «Vieniviaconme» ovvero, il confronto non esiste, le voci sono tante ma l’opinione da trasmettere è unasola.
Alle loro voci si è aggiunto il video e le parole di Roberto Saviano che ormai sembra aver preso una deriva laicista, e una raccolta di firme da parte della Cgil «Io non costringo, curo »: che cosa c’entri il sindacato non lo abbiamo capito, ma soprattutto basterebbe loro ricordare di andarsi a rileggere il concetto di cura sviluppato da Ippocrate e ben descritto nel giuramento, che da lui prende il nome, a cui i medici una volta facevano riferimento.
Sulla vita non si vota fu il fortunato slogan che condusse il Popolo della vita (nella sua definizione presa dall’Evangelium vitae)alla vittoria del referendum sulla legge 40. Se sulla vita non si vota è lecito domandarsi sulla morte si vota o no e, per estensione, è giusto sostenere una legge chiamata sulle «Dichiarazioni anticipate di trattamento», ma che comunque riguarda la sfera ultima del nostro vivere?
L’idea del 2005 di non votare al referendum non fu, come in molti hanno liquidato, solo un’ottima strategia politica voluta in primo luogo dall’allora vicario di Roma Camillo Ruini. Dietro quella decisione il cardinale pose anche tutta la sua saggezza e lungimiranza in materia: non si può mettere ai voti ciò che non proviene da noi ma da Dio soltanto, il bene più prezioso che abbiamo, il primo diritto datoci per il solo fatto di esserci,cioè la vita.
Sempre per estensione il concetto va esteso anche alla morte che comunque della vita è parte. La morte comincia dal momento della nascita. Non dobbiamo averne paura perché se no ci coglierà di sorpresa. Oggi si ha paura della morte e della malattia per questo si crede di poterle esorcizzare o anticipandole o evitandole. Sulla morte pure non si dovrebbe votare, ma sappiamo che, purtroppo, tutto ciò che non è vietato è lecito e questo ha portato alla morte di Eluana per mancanza di idratazione e alimentazione.
Questa legge in discussione alla Camera è nata sull’onda emotiva di quel fatto ma, in questi due anni, è stata più volte emendata, stralciata, tirata, accorciata e perfezionata cercando una mediazione possibile. Anche sulla morte non si dovrebbe votare ma mettere dei paletti legislativi per difendere la vita (e la morte) dall’assalto del relativismo etico imperante, ci permetterà di aggrapparci ancora di più alle nostre convinzioni e testimoniarle per vincere la battaglia culturale.
Da Avvenire, articolo di Giorgio Gibertini

martedì 8 febbraio 2011

Il Ringraziamento del Card. Vallini

Vallini: «Accogliere sempre la vita»

Il cardinale vicario ha incontrato le mamme immigrate accolte in una struttura della Caritas di Roma: «Dicendo no all’aborto avete dimostrato di essere luce e testimonianza». In San Pietro l’Angelus con il Papa



DA ROMA

« Accogliendo la vita, resistendo alla forte tentazione dell’a­borto, voi avete dimostrato di es­sere luce e la vostra testimonianza porterà frutto». Così il cardinale A­gostino Vallini, vicario del Papa per la diocesi di Roma, alle ospiti del­la “Casa famiglia dell’Immacolata”, nel quartiere romano Alessandri­no, struttura della Caritas dove so­no accolte giovani donne, attual­mente in prevalenza straniere, in attesa e con i loro bambini appena nati. Qui il cardinale ha celebrato la Messa domenica, Giornata del­la vita. «Oggi stringendo tra le brac­cia i vostri bambini – ha aggiunto Vallini – vi sentite forti e siete feli­ci. La comunità ecclesiale vi vuole bene, vi stima e vi aiuta a trovare un degno inserimento nella società». Nella tarda mattinata Vallini ha rag­giunto piazza San Pietro per par­tecipare all’Angelus con Benedet­to XVI, alla testa di numerosi grup­pi di fedeli romani. Erano presen­ti anche i partecipanti al convegno “La chirurgia in gravidanza - Etica di una scelta”, tenutosi sabato alla Sapienza. Dopo la preghiera ma­riana, il cardinale Vallini si è in­trattenuto con tutti, incoraggian­do i presenti a farsi promotori quo­tidianamente di una cultura in fa­vore della vita. Ha ringraziato in particolare il Centro di aiuto alla vita di Roma per essersi prodigato concretamente ad aiutare a nasce­re 42 bambini nel corso del 2010.

«Siamo felici – ha concluso il car­dinale – che questi bambini siano potuti nascere, ma deve farci ri­flettere il numero di quanti sono stati soppressi dal flagello dell’a­borto ».

Un INCONTRO con il nostro PRESIDENTE Giorgio Gibertini

Incontro con Giorgio Gibertini, presidente del Centro aiuto per la VitaPDFStampaEmail
Lunedì 07 Febbraio 2011 15:42

"Come ci aiuta il Comune di Roma nella lotta per la Vita? Alemanno l’abbiamo visto in campagna elettorale e la Novella Luciani è venuta a ritirare un premio poi è sparita"

GIORGIO GIBERTINI

di FRANCESCA ROSATO (L'UNICO) - L’Assessore Gianluigi De Palo, tanto annunciato in parrocchia gli scorsi giorni, non c’è. A comunicarlo è un imbarazzato don Johnviceparroco di San Lino, nel presentare il sostituto, ovvero Giorgio Gibertini presidente del Centro di aiuto alla vita di Roma.



La gente mugugna in sala e raccogliamo qualche commento del tipo: “Comincia bene questo assessore, era uno di noi ed ora….”
Gibertini prende posto “in cattedra” e si dice rammaricato del non poter incontrare anche lui l’assessore De Palo ma è lui che lo giustifica più di tutti sapendolo a Parma “dove credo stia apprendendo – dice Gibertini – come poter applicare anche a Roma il Quoziente famiglia che solo quella città emiliana in Italia ha già attuato da qualche anno con enormi benefici per chi come noi ha figli”.
Il disappunto però lo si legge anche sul suo volto di inguaribile ottimista della vita, e nonostante la battuta con cui inizia a parlare del tema. “Magari questa sostituzione mi è di buon auspicio”.
Gibertini passa a parlare del tema della Giornata per la vita, “Educare alla pienezza della vita” ma soprattutto racconta dei 42 bambini nati con l’aiuto delle volontarie del Centro di Aiuto alla vita di Roma: nomi di bambini stranieri ma ora anche tanti italiani.
Il presidente del Cav rilancia su un suo famoso cavallo di battaglia: “Sono stufo di constatare che il privato è per la vita ed il pubblico per l’aborto. I Centri di aiuto alla vita di Italia, e noi di Roma, devono essere riconosciuti come servizio pubblico perché sostituiamo lo stato in un’opera fondamentale a cui ha rinunciato da troppo tempo”.
Si scatena un dibattito sul senso della vita e del mettere al mondo dei figli. Ho il tempo per avvicinarlo per ancora due domande pungenti: ma il Comune come vi aiuta? Vi è anche una delegata per la vita e Gibertini scuote la testa: “Alemanno l’abbiamo visto in campagna elettorale e la Novella Luciani è venuta a ritirare un premio e poi è sparita” e si allontana.
E della riforma dei consultori che ne pensa?“
"Le mamme che si rivolgono a noi chiedono cose più concrete, non ho mai sentita una venire a domandarci: a che punto siamo con la riforma dei consultori?"
Gibertini è di nuovo dietro il banchetto a proporre le primule ed organizzarsi con una signora per farle avere due carrozzine. (L'UNICO)

lunedì 7 febbraio 2011

Alcune foto della GIORNATA PER LA VITA






VITA
di Juan Ramon Jiménez

Giorno difficile, in cui il sole
e le nuvole combattono
- a tratti aperto, fiore,
a volte chiuso, frutto - ,
per confondersi nella notte!
Vita!
Veglia in cui gli occhi
si aprono e si chiudono,
in un gioco stanco
di verità e menzogna,
per confondersi nel sogno!
Vita!