giovedì 23 settembre 2010

Dichiarazione di Renato Zero


"Ho cantato contro l’aborto: se lo vediamo come l’ultimo degli anticoncezionali, è un disastro" Renato Zero




Fonte immagine http://www.fullsong.it

venerdì 17 settembre 2010

Toc toc c'è vita nel movimento per la vita????

Toc Toc c’è vita nel Movimento?

Francesco Agnoli – il Foglio 16 settembre 2010

Il Movimento per la Vita in Italia è fermo. Ingessato. Quasi inesistente. Mi spiego meglio. Non che manchino persone valorose, coraggiose, con idee e buona volontà. Ci sono, qua e là. Neppure mancano volontarie e volontari attivissimi, straordinari, che rendono il loro servizio, ogni giorno, nei Centri Aiuto alla Vita, dando speranza e salvando molti bambini dalla morte.
Quello che manca è un movimento culturale per la vita forte, che sappia intervenire, dire la propria nel dibattito pubblico, quando se ne parla, sui giornali, in televisione, nelle strade. Chi lo ha mai visto? Si parla ormai da anni di bioetica, e il Movimento per la Vita in quanto tale dimostra la sua estrema debolezza. Perché? Perché in America, ma anche in altri paesi europei, il mondo pro life appare più attivo, dinamico, giovane?
Anzitutto vi è un motivo di carattere generale: da troppi anni il mondo cattolico fatica a capire l’importanza di una battaglia per la vita. Già all’epoca della legge 194 e poi del referendum, il mondo pro life italiano era diviso, ma soprattutto, solo. Erano gli anni in cui buona parte delle gerarchie ecclesiastiche e del mondo cattolico “progressista” ritenevano inutile e perdente la battaglia. In cui vigeva l’idea secondo cui è meglio “cercare ciò che unisce piuttosto che ciò che divide”, che significò poi farsi da parte, per non disturbare.
Per tanti anni nello stesso mondo cattolico certi temi sono stati tabù. Essere del Movimento per la vita significava rimanere emarginati, essere guardati come dei matti, residui del passato, non solo rispetto alla cultura radicale e di sinistra, ma anche nel mondo cattolico stesso. Il concetto di “valori non negoziabili” non godeva buona stampa: tutto nel clima del post concilio permanente sembrava negoziabile, anzitutto a molti cattolici. Perché litigare su queste questioni “marginali”, si diceva? “Altri sono i problemi”…
Oggi che ci troviamo nell’inverno demografico più nero, forse qualcuno si ricrede…Oggi, grazie al referendum sulla legge 40, promosso dai radicali, e all’azione di personaggi come Ruini e Boffo, in campo cattolico, e Ferrara in campo laico, qualcosa sta cambiando…
Ma i problemi del Movimento per la vita italiano rimangono, e sono enormi. Mi permetterò di elencarne alcuni, anche se so che scontenterò molti, anche amici, che mi rimprovereranno di non aver capito, oppure di aver detto cose in parte giuste, ma da tener segrete, “tra di noi”.
Eppure, dopo averle sentite e risentite, viste e riviste, a me sembra che occorra dirle. Oportet ut scandala eveniant, se gli scandali non sono fini a se stessi, ma servono a rilanciare un dibattito ormai sepolto, e a portare linfa nuova, vitalità nuova.
Il primo di questi motivi interni è sicuramente una presidenza troppo lunga. Lungi da me negare a Carlo Casini i suoi meriti. Non ritengo però possibile che certe cariche diventano quasi vitalizie, senza conseguenze per tutti! L’attuale presidente del Movimento è in carica da ben 20 anni, cioè dal lontano 1991. Le presidenze troppo lunghe, inevitabilmente, soffocano l’attività, paralizzano l’innovazione e la creatività. Anzitutto perché si crea intorno ad esse un nocciolo duro che tende a perpetuarsi e ad escludere nuove forze e nuove soluzioni. In secondo luogo perché anche la persona più brillante del mondo non può avere, dopo tanti anni, la voglia, lo slancio, le idee, il tempo, dei primi anni. Soprattutto se l’età avanza e le cariche, numerose, si sovrappongono. Soprattutto se colui che riveste quel ruolo, invece di delegare il più possibile, per creare sinergie e responsabilizzare nuove persone, accentra il più possibile.
L’altro problema della presidenza attuale è poi la sovrapposizione tra la militanza pro life e l’appartenenza ad un partito (sovrapposizione che per esempio Paola Binetti ha evitato, dimettendosi da presidente di Scienza e Vita prima di entrare in politica, o che si potrebbe comunque scongiurare dimettendosi dalla politica, qualora da lì si provenga, una volta eletti presidenti del MPV).
In primo luogo, infatti, non sembra realistico poter svolgere nel contempo i compiti tanto gravosi di Presidente del Movimento per la vita italiano e di europarlamentare, a Bruxelles. In secondo luogo perché l’appartenenza ad un partito limita inevitabilmente la libertà d’azione e di parola che dovrebbe caratterizzare un incarico così delicato come quello di guida dei pro life italiani. Recentemente per esempio l’Udc, partito in cui milita Carlo Casini, si è schierato a fianco della Bonino piemontese, Mercedes Bresso, senza che la posizione del presidente del movimento per la vita risuonasse forte e sicura: non possumus! Analogamente Buttiglione, presidente dell’UDC, ha recentemente dichiarato che i pro life italiani si sarebbero sbagliati a prendere la posizione che presero nel 1981, senza che Casini contraddicesse pubblicamente il suo superiore di partito, al fine di tutelare l’onore di chi non ritiene assolutamente vere le parole del politico-filosofo-ondivago per eccellenza.
In terzo luogo l’appartenenza del leader del MPV italiano ad una fazione, limita la sua stessa capacità di manovra, che dovrebbe essere invece a 360 gradi: come chiedere un appoggio a destra e a manca, se colui che chiede è già schierato? In questo campo, purtroppo, le appartenenze politiche vengono spesso prima della battaglia per il bene e la verità.
Infine, l’ultimo inconveniente della sovrapposizione tra politica e presidenza del Movimento, sta nella mentalità che può (non che deve) venirsi a creare.
Uno dei problemi principali del MPV italiano è infatti che ha cessato di portare avanti battaglie di testimonianza, culturali, capaci di attrarre ed educare i giovani agli altissimi valori del rispetto della vita. La battaglia pro life è divenuta quasi esclusivamente, con l’appoggio di qualche ecclesiastico molto politicante, un affare di politica e di parlamenti: incontri tra Casini, qualche vescovo e altri politici di alto rango. Senza coinvolgere più di tanto il Movimento stesso: “ce la vediamo noi”. In questi incontri, alla fine, si è spesso ragionato da politici: io cedo qui, tu cedi là…così di compromesso in compromesso si è dimenticato che alle nuove leve, alle generazioni che crescono, il Movimento non deve dare solo leggi che siano il “meno peggio possibile”, ma anche valori non negoziabili, verità complete per cui valga veramente la pena battersi.
Il pontefice Benedetto XVI lo ha fatto capire in molte occasioni, e difficilmente certe posizioni del MPV oggi possono dirsi compatibili con documenti magisteriali assai chiari e ben poco “diplomatici” (vedi l’ “Evangelium vitae” e la “Donum vitae”)
Pensiamo al movimento pro life americano: è forte perché accanto alla strada della politica, che ci vuole, che non va trascurata, non cessa di dire tutta la verità, e nient’altro che la verità (almeno per un pro life). Invece in Italia accade che proprio nel Movimento per la vita questa mentalità abbia portato a dissociazioni mentali inconcepibili. Mi è capitato di sentire: “sì, è vero, hai ragione a dire così, ma ora è politicamente inopportuno dirlo, come ha spiegato bene Casini”!
Portare la battaglia quasi solo nel campo della mediazione politica ha generato un ulteriore indebolimento: perché la mediazione politica la può perseguire soltanto qualcuno, soltanto chi rappresenta il movimento ai suoi vertici. Ecco così immobilizzata la base, ma anche il resto della dirigenza! Mentre si consumavano mediazioni qui e incontri pre-parlamentari là, dibattiti col vescovo di turno e col politico di turno, quasi sempre ad opera di un solo interlocutore, il presidente nazionale, o qualche suo beniamino, il pro life medio non poteva che dirsi: “ed io che faccio?”
E così il pro life di tutti i giorni, magari del Movimento da anni e anni, si è trovato quasi senza possibilità di agire, senza supporto.
Lo dimostrano tantissimi fatti. Uno per tutti. In tanti anni dall’interno del Movimento per la vita non sono sorti né pensatori né opere pro life di rilievo! Anche i movimenti si sono fatti portatori sempre e soltanto delle stesse pubblicazioni, se possibile del presidente e solo sue. Non si sono valorizzati i giovani, non si sono valorizzate le penne abili, gli oratori interessanti e carismatici, con il risultato che alla fine girano sempre le solite, le medesime facce (o i più generosi, o i più “carrieristi”) . Eppure, compito della guida di un movimento è anzitutto creare spazi per altri, che possano proseguire la battaglia intrapresa. E’ creare una classe dirigente valida, il più possibile ampia e capace.
Tanto altro ci sarebbe da dire, ma voglio concludere con il fatto che a mio avviso ha fatto traboccare il vaso: il continuo stillicidio di espulsioni dal Movimento (come se ci si potesse permettere di farlo!). Negli anni ho visto lasciare il Movimento personalità e intelligenza troppo numerose e troppo importanti: Angelo Francesco Filardo, Maria Paola Tripoli, Mario Palmaro, e tanti altri della direzione nazionale! Ho visto molte persone che avrebbero potuto essere valorizzate per la loro intelligenza, farsi piano piano da parte, perché quasi si temeva facessero ombra…Ma la cosa più grave è che proprio in questi giorni scade l’ultimatum lanciato dalla direzione centrale del Movimento a personaggi che sono la storia del movimento stesso (benché nelle rievocazioni ufficiali siano stati cancellati, come ai tempi di Lenin e Stalin, quando si sbianchettavano le foto). Mi riferisco all’alternativa che è stata imposta dalla presidenza nazionale ad alcuni membri del MPV italiano: o rinnegate “Verità e vita”, un altro gruppo pro life italiano, o uscite dal Movimento (scomunicati latae sententiae)!
L’assurdo è che questo ultimatum è stato lanciato contro personaggi come Mario Paolo Rocchi, Silvio Ghielmi e Giuseppe Garrone. Il primo è stato nientemeno che socio fondatore del primo Centro aiuto alla Vita in Italia, a Firenze nel 1975; socio fondatore del Movimento per la Vita, suo primo tesoriere ai tempi dell’autonomia finanziaria, e co-ideatore del progetto Gemma, una della più nobili attività concrete del Movimento. Il secondo, Silvio Ghielmi, è stato cofondatore e per anni gestore del Progetto Gemma. Il terzo, Giuseppe Garrone, è stato anch’egli cofondatore del Progetto Gemma, fondatore del numero verde SOS Vita, e riscopritore della Ruota degli esposti.
E’ la direzione attuale del Movimento che decapita parte essenziale della sua storia. Come già accadde con la messa in disparte, poco gentile, del fondatore e primo presidente del Movimento, l’avvocato Francesco Migliori. Per un pro life medio, di tutti i giorni, è veramente troppo! Per cui non può che auspicare il ritorno di un po’ di democrazia interna, vera. Per dirla in breve: ci vorrebbero meno personalismi, e le primarie, per rilanciare un Movimento qua e là eroico, ma nel complesso agonizzante.

martedì 7 settembre 2010

Intervista al Presidente Gibertini su Avvenire

«Il Comune è troppo lento ad aiutare le mamme Fino ai sei mesi non vengono erogati contributi»
DA ROMA

N on siamo mai stati convocati né dal Co­mune, né dal delegato del sindaco per la vita, eppure «sono due anni che sulle lo­ro scrivanie c’è il report del Cav con un proget­to per la maternità». Giorgio Gibertini, respon­sabile del Centro di aiuto per la vita della Capi­tale è cosciente che le problematiche di Roma siano frutto di una politica nazio­nale carente nei confronti della ma­ternità. La giunta Alemanno ha crea­to un referente per la vita che ha un budget sostanzioso (100mila euro annui) ma, precisa Gibertini, «come è utilizzato non è dato saperlo. I­noltre non ci ha mai convocato e sia­mo una delle associazioni che sul territorio si occupa di questo. Ep­pure si potrebbe lavorare insieme».

Il Comune prevede un contributo per madri nu­bili, un assegno maternità alla nascita del bam­bino e ha attivato anche una carta bimbo con sconti su prodotti neonatali e farmaci. «Sono tut­tavia inaccessibili – sottolinea Gibertini –, c’è u­na procedura così complicata e lunga che stri­de con l’urgenza che vive una mamma in diffi­coltà. Noi le mamme le aiutiamo, con quel po­co che abbiamo, subito». Per l’assegno alle ra­gazze madri, quello che in sostanza chiede Te­resa, si fa riferimento alla delibera comunale 154/1997 che recita: «Il contributo economico viene erogato semestralmente». In più, «è pos­sibile usufruire di interventi assistenziali di na­tura economica, motivati e condivisi con un pro­getto sociale, per 12 mesi». Ma a far riflettere è soprattutto un particolare. La richiesta di con­tributo parte «presentando un certificato di gra­vidanza dal sesto mese di gestazione in poi». Il che significa, per logica, che Teresa non avrà al­cun aiuto prima della nascita del suo Francesco.

«Da noi Teresa – continua Gibertini – in ventiquattro ore ha avuto una risposta. La ragazza indecisa che si sente dire che potrebbe forse acce­dere agli aiuti, che dovrà esserci un progetto, che le faranno sapere, è ovvio che pensi di abortire». Le for­me di aiuto, in sostanza, devono es­sere più immediate, perché sottoli­nea Gibertini, «anche poche centinaia di euro al mese sono quella carezza economica di cui una mamma in difficoltà ha bisogno subito». Per u­na buona politica nel sociale, «la discriminante dovrebbe essere: quanti bambini avete salvato? Noi qui 240, più fondi non ne abbiamo», con­fessa. Sul territorio nazionale tuttavia ci sono tante realtà che come noi operano nel settore, conclude, «un politico oculato chiamerebbe lo­ro per fare una rete di interventi».

Alessia Guerrieri

Il Campidoglio prevede contributo per madri nubili, un assegno alla nascita del piccolo e una card per sconti

venerdì 3 settembre 2010

L'intervento della nostra volontaria Francesca su Avvenire del 2 settembre 2010

«Il Cav? Non sapevamo neppure che esistesse»

Roma, al consultorio negano: mai spinto per l’aborto Ma ammettono: non conosciamo centri di aiuto alla vita



DA ROMA ALESSIA GUERRIERI

« C entri di aiuto per la vita? Non sapevo nemmeno cosa fossero prima che la ragazza me ne parlasse». Al dipar­timento per i Servizi Sociali del XX municipio capitolino cadono dalle nuvole. Nulla sanno delle iniziative per sostenere le ragazze incinte che non vogliono abortire. All’inizio sono anche restii a parlare, ma negano co­munque tutto. La storia di Teresa, ri­voltasi a loro al terzo mese di gravi­danza, senza casa e senza lavoro, a cui è stata prospettata come soluzio­ne l’aborto, la raccontano in manie­ra diversa. «Non è possibile che uno dei nostri o­peratori abbia dato una risposta del genere». Il funzionario provvisorio del servizio (qui si attende ancora la no­mina del responsabile) non ha dub­bi. Qui non facciamo miracoli certo, continua, ma «non abbiamo motivo di spingere una donna ad abortire». In sostanza si cerca di fare quel che si può, convivendo con la scarsità dei fondi, tra l’altro vincolati ad un «pro­getto sociale» e con tempi di eroga­zione epocali. «Non è poi così raro – continua – che gli utenti reagiscano nelle maniere più disparate, quando si aspettano delle risposte che per motivi di risorse o altro, non siamo in grado di dare». Secondo lui, cioè, Teresa avrebbe nel migliore dei casi frainteso le parole dell’assistente so­ciale, oppure addirittura inventato la soluzione dell’interruzione di gravi­danza «perché si aspettava qualcosa di diverso da noi».

Parlando con la diretta interessata, l’assistente sociale che segue Teresa, la replica imbastita di diplomazia è sempre la stessa. Il racconto della ra­gazza, secondo lei, è «strumentale». Ma a cosa? Ad ottenere qualcosa in più? «Le motivazioni possono essere molte – dice in maniera evasiva – sta di fatto che io non ho mai accenna­to nel colloquio con Teresa all’abor­to, è stata lei ad informarmi che ave­va anche pensato a questa soluzio­ne, ma che non aveva avuto il corag­gio di farlo. Perché avrei dovuto ri­proporglielo? ». Il nostro modo di o­perare, aggiunge, è «quello dell’auto­determinazione della persona, noi vagliamo tutte le soluzioni partendo dalla rete familiare, amicale e delle strutture di accoglienza madre-bam­bino ». Fatto sta però, che pur aven­do trovato per lei una struttura prov­visoria per due mesi, ora Teresa deve ringraziare il Centro di aiuto per la vi­ta se ha una tetto semi definitivo e un medico. In più per avere un sussidio si dovrà aspettare di «pianificare con la ragazza un progetto, un percorso, i fondi dipenderanno da questo – conclude – anche i tempi di eroga­zione sono variabili». Aspettando la burocrazia, intanto, Te­resa ha incontrato la sua buona stel­la, un amico vicentino che, tramite facebook, le ha fatto conoscere le vo­lontarie del Cav e che ha donato al centro alcuni fondi per il suo bambi­no. «Da noi ha ritrovato il sorriso e la speranza – racconta Francesca Siena del Cav –. La prima volta che l’ho in­contrata era spaventata. Poi l’abbia­mo sistemata in una casa-famiglia, ora ha un ginecologo che la segue gra­tis ed è stata inserita nel progetto 'Madre Teresa' per cui avrà 250 eu­ro al mese per un anno, oltre a tutti i beni materiali per suo figlio fino al quarto anno di vita». Alla sua versio­ne qui credono tutti, soprattutto per­ché «non è la prima futura mamma che racconta una storia del genere – prosegue Francesca –. Noi sconsi­gliamo sempre alle donne in gravi­danza di rivolgersi ai servizi sociali prima della dodicesima settimana. Troppa la paura che le inducano, co­me è già successo, ad abortire».

giovedì 2 settembre 2010

Succede.... al nostro Cav!

Incinta, chiede aiuti al consultorio Risposta: abortisca
Roma/La denuncia di una madre


La ragazza, disperata, è poi entrata in contatto col Cav della Capitale: «Lì ho trovato innanzitutto il conforto e l’ascolto di cui avevo bisogno». Ora vuole portare a termine la gravidanza e gioisce per il figlio che nascerà




DA ROMA ALESSIA GUERRIERI - Avvenire del 01 settembre 2010



T eresa accarezza continua­mente il suo pancione, co­me se dovesse ancora pro­teggere quel figlio che cresce da tre mesi nel suo ventre. «Ora che è qui dentro è al sicuro, ma quan­do nascerà sarà molto dura per noi». Sorride comunque, final­mente. Non ha più paura di af­frontare la sua nuova vita da ra­gazza madre, «io non sono più so­la, c’è lui con me – dice mentre in­dica quel miracolo che l’ecografia ha già scritto che sarà un 'lui' –. Siamo in due, solo noi due». Un lui che chiamerà Francesco e na­scerà a marzo: «Questo bambino è stato concepito in Umbria, la pa­tria di Francesco d’Assisi, vorrei che portasse il suo nome». La lu­ce della vita, Teresa l’ha riscoper­ta dopo settimane di vuoto e di confusione, attraversate di tanto in tanto anche dalla voglia di far­la finita. «Come potevo pensare – ribatte – di far crescere un figlio da sola, senza lavoro, senza casa, senza un compagno e senza un soldo?».



Quasi trent’anni, due sorelle all’e­stero e una mamma che non sen­te da anni, un diploma da odon­toiatra, per ora inutilizzato. Poi quel compagno che «pur dicendo di desiderare come me un bam­bino, se ne è tornato in Tunisia» con il suo bagaglio di bugie. E non ha più nessuna intenzione di ve­nire in Italia. Teresa parla tenen­do lo sguardo fisso a quel figlio che le sta dando il coraggio e la forza di affrontare mille difficoltà. Lei, cardiopatica e con una gravi­danza a rischio, però, ha deciso di andare avanti. Eppure, sola e di­sperata, il 30 luglio stava per can­cellare quella vita che tanto ave­va sognato. «Io lo volevo, l’ho vo­luto fin dall’inizio – racconta – ma ero talmente confusa che avevo già avviato le pratiche per l’abor­to. Mi sentivo un mostro, comun­que, una donna indegna di vive­re. Per fortuna non ho avuto la for­za di presentarmi in ospedale quel giorno». Infine la decisione di ri­volgersi ad un assistente sociale nel suo municipio a Roma.



«Cercavo una parola di conforto, un posto dove stare, visto che do­vevo lasciare il mio appartamen­to perché non potevo più permet­termelo – confessa –, cercavo un aiuto ed invece...». I suoi occhio­ni neri si sono riempiti di lacrime quella mattina d’inizio agosto, quando le uniche parole di soste­gno che ha avuto sono state quel­le che mai nessuno si sarebbe im­maginato. «Non possiamo fare molto per lei, non abbiamo gran­di risorse. Ma non si rende conto che sarà difficile nella sua situa­zione crescere un bambino? For­se sarebbe il caso di pensare al­l’interruzione di gravidanza». L’as­sistente sociale non ha prospetta­to grandi alternative; in più le sue ferie sarebbero cominciate il gior­no successivo e, quindi, pochi i tentativi da fare. Una telefonata dai servizi sociali effettivamente il giorno dopo è arrivata con una probabile sistemazione per soli due mesi e l’invito a risentirsi al rientro dalla vacanze.



«Ho pregato molto il Signore quel­la notte, non sapevo cosa fare, pre­gavo per il mio bambino e per quelle mamme come me che nes­suno sente gridare in silenzio. Mi sono sentita come se tenere il fi­glio che già amavo immensamen­te fosse il reato più grande che po­tessi fare». Teresa fa una pausa. Poi spiega dell’incontro con un vec­chio amico vicentino e, grazie a lui, del contatto col Centro di aiu­to per la vita della Capitale. «Lì ho trovato innanzitutto il conforto e l’ascolto di cui avevo bisogno, ol­tre ad un aiuto materiale – ag­giunge –. Mi hanno sistemato in una casa-famiglia dove potrò sta­re anche dopo il parto. Sempre grazie a loro ho un ginecologo di un grande ospedale romano che mi segue gratuitamente e che co­nosce bene la mia patologia».



Al tavolino di un bar, giocherel­lando con la cannuccia della sua acqua e limone, Teresa non na­sconde la rabbia per quel «muro di insensibilità» che ha trovato, e continua a ricevere, proprio da chi invece dovrebbe aiutare. Per vivere ora, oltre ad un piccolo contributo del Cav, si arrangia co­me può, vendendo anche le sue originali lampade su internet. «Non voglio sentirmi una paras­sita dello Stato – dice lasciando per un attimo cadere gli occhi sulla lana che ha appena com­prato per la copertina del suo Francesco –. Come è possibile in un Paese moderno e credente che i servizi sociali mi dicano di abortire, di dormire in alloggi di fortuna o addirittura di andar via dall’Italia per farmi aiutare delle mie sorelle all’estero?». Alle sue tante domande per adesso non trova risposta, ma ha un’unica certezza: quando Francesco na­scerà vorrà impegnarsi perché nessun’altra donna viva ciò che ha passato lei. Tra qualche gior­no sarà il suo compleanno, ma la vita le ha già riservato il regalo più grande.



Teresa è una gestante in grave disagio economico Il 30 luglio si era rivolta all’assistenza sociale di zona. La risposta: «Non possiamo fare molto per lei, dovrà interrompere la sua gravidanza»