martedì 24 agosto 2010

da Avvenire

«DAY HOSPITAL IVG, LA MIA PRIMA LINEA PER LA VITA»

Caro direttore, lascio, in questo agosto, i primi due figli dai nonni e rientro a Roma per una visita ecografica di controllo per il terzo figlio in arrivo, a giorni. Ogni momento è buono. Ci segue una gi­necologa di un ospedale romano che ci visita presso il reparto 'Day Hospital Ivg Legge 194' dove lei svol­ge il suo lavoro e la sua discreta, ma molto produttiva, attività per la vi­ta. Ci fa scendere ogni mese quella scaletta dove manca solo la scritta 'Lasciate ogni speranza o voi che entrate' e io e mia moglie ogni vol­ta viviamo il tutto con sofferenza. Però fu lei a dirmi: «Tu che parli tan­to di vita, vieni a vedere qual è la pri­ma linea quotidiana». Quotidiana. Qui ogni giorno, in questo ospeda­le di Roma, almeno 12 aborti. Le ma­dri con la prenotazione 'color blu' entrano poco prima delle 9 ed e­scono poco prima delle 12. Una tri­stezza infinita. L’unica pancia che cresce è la nostra. Si è parlato mol­to in questi giorni, solo su Avvenire, dell’andamento della Legge 194 in Italia ed in Europa. Numeri, sigle, statistiche e percentuali che però non sanno comunicare il volto del­le madri in fila, come condannate, sulle scalette che portano ai reparti Ivg dei nostri ospedali. Che fare per offrire loro una possibilità diversa? Nei Centri di aiuto alla vita, quando per vie spesso 'miracolose' vi arri­vano, le mamme sono accolte, ab­bracciate, ascoltate e scelgono sem­pre per la vita. Ma qui, un gradino dietro l’altro, che possibilità hanno di tornare indietro per guardare a­vanti? Eppure qualcosa bisogna fa­re, ognuno nel suo piccolo o grande. La nostra amica ginecologa compie miracoli nell’anonimato e le vorrei dire grazie per tutte le vite che ha salvato anche solo avendo il corag­gio di chiedere: «Ma perché lo fai?». Sicuramente si potrebbe comincia­re col chiedere uno spazio, tra un gradino e l’altro, per poter dire: pri­ma di arrivare al bivio tra vita e mor­te ascolta, ascoltati davvero. E que­sto spazio, nel nostro sistema sani­tario nazionale, va riconosciuto e creato.

Giorgio Gibertini