L’«EROICO» PARTO CESAREO ESEGUITO A COMO
Benvenuta al mondo, Marisol figlia dell’amore per la vita
CARLO BELLIENI
È fuori pericolo di vita Marisol, la bambina nata da parto cesareo eseguito sul luogo dell’incidente automobilistico che ha ucciso la sua mamma. La bambina non è semplicemente 'nata in ambulanza', come si legge su qualche giornale, ma la dottoressa del 118 ha eseguito un difficile ed eroico intervento chirurgico d’emergenza, per estrarla quando ormai la mamma stava per morire. La differenza non è da poco, perché non si tratta di un prodigio della tecnica, ma di un prodigio dell’eroismo umano. Perché dal punto di vista giuridico nessuno avrebbe eccepito nulla se la dottoressa arrivata sul posto, dopo aver fatto tutto per salvare la donna, come ha fatto, non fosse intervenuta per far nascere la bambina. Nessuno l’avrebbe accusata, perché non era un chirurgo specialista, e per fare un cesareo bisogna essere veterani del bisturi; e nessuno l’avrebbe incolpata per la morte del feto, perché per lo Stato, fino alla nascita, 'non si esiste' giuridicamente.
Quindi, in una sanità governata dalla medicina difensivistica, nella quale ognuno è portato ad attenersi esclusivamente al suo 'mansionario', pena accuse di vario genere se per la propria iniziativa qualcosa va storto, questa dottoressa è stata una meravigliosa eccezione. Perché rischiando in proprio ha deciso di operare.
Non è normale dunque fare un cesareo in un’ambulanza; ma questa storia ci racconta qualcosa di più, perché l’intervento andava a salvare un bambino che per tutto il mondo (tranne che per suo padre e sua madre) non esisteva. Ma lei ha avuto l’intelligenza clinica di vedere quello che non si vede, cioè il diritto alla vita della piccola Marisol, ancora non nata, ancora 'feto', e portarla alla luce.
Questo è certo un’eccezione: i casi eroici lo sono per definizione; ma in una sanità in cui gli ospedali sono diventati 'aziende', in cui il paziente diventa 'utenza', e il medico diventa un 'operatore sanitario' (una mansione come un’altra evidentemente, dato che esiste anche l’operatore dell’occulto, l’operatore ecologico e via dicendo), ci piace mettere in luce chi prende un’iniziativa per la vita, dato che troppo spesso sentiamo parlare di iniziative su come invece far morire il paziente prima o dopo che sia nato. Pensate invece cosa significa operare, sentendosi addosso una responsabilità positiva, ma anche schiacciante: quanti sarebbero stati pronti ad accusarla se qualcosa non fosse andata nel senso da lei sperato? Eppure si è messa all’opera, come chi si getta nel mare ondoso a salvare una persona che annega e tutti hanno dato per spacciata. E ha salvato Marisol.
Nel panorama mediatico che dedica pagine intere ad ogni supposto errore medico, ignorando invece i rischi, lo stress e le difficili scelte, sarebbe bene che si riprendesse a considerare il medico – come d’altronde chi esercita qualunque professione – come una persona che vive una missione, nonostante possa anche umanamente sbagliare.
Purtroppo oggi si sottolinea solo l’errore, forse perché delusi dalla scoperta della fallibilità del medico, sacralizzato a 'sacerdote laico' in una società che ha perso l’abc del sacro vero, e si censura l’abnegazione che è più diffusa, ma non fa notizia. Sarebbe allora bene che l’impegno della giovane dottoressa Francesca Gatti e della sua Unità Operativa di 118 di Como venissero riconosciuti e premiati pubblicamente. Glielo dobbiamo tutti.