venerdì 3 settembre 2010

L'intervento della nostra volontaria Francesca su Avvenire del 2 settembre 2010

«Il Cav? Non sapevamo neppure che esistesse»

Roma, al consultorio negano: mai spinto per l’aborto Ma ammettono: non conosciamo centri di aiuto alla vita



DA ROMA ALESSIA GUERRIERI

« C entri di aiuto per la vita? Non sapevo nemmeno cosa fossero prima che la ragazza me ne parlasse». Al dipar­timento per i Servizi Sociali del XX municipio capitolino cadono dalle nuvole. Nulla sanno delle iniziative per sostenere le ragazze incinte che non vogliono abortire. All’inizio sono anche restii a parlare, ma negano co­munque tutto. La storia di Teresa, ri­voltasi a loro al terzo mese di gravi­danza, senza casa e senza lavoro, a cui è stata prospettata come soluzio­ne l’aborto, la raccontano in manie­ra diversa. «Non è possibile che uno dei nostri o­peratori abbia dato una risposta del genere». Il funzionario provvisorio del servizio (qui si attende ancora la no­mina del responsabile) non ha dub­bi. Qui non facciamo miracoli certo, continua, ma «non abbiamo motivo di spingere una donna ad abortire». In sostanza si cerca di fare quel che si può, convivendo con la scarsità dei fondi, tra l’altro vincolati ad un «pro­getto sociale» e con tempi di eroga­zione epocali. «Non è poi così raro – continua – che gli utenti reagiscano nelle maniere più disparate, quando si aspettano delle risposte che per motivi di risorse o altro, non siamo in grado di dare». Secondo lui, cioè, Teresa avrebbe nel migliore dei casi frainteso le parole dell’assistente so­ciale, oppure addirittura inventato la soluzione dell’interruzione di gravi­danza «perché si aspettava qualcosa di diverso da noi».

Parlando con la diretta interessata, l’assistente sociale che segue Teresa, la replica imbastita di diplomazia è sempre la stessa. Il racconto della ra­gazza, secondo lei, è «strumentale». Ma a cosa? Ad ottenere qualcosa in più? «Le motivazioni possono essere molte – dice in maniera evasiva – sta di fatto che io non ho mai accenna­to nel colloquio con Teresa all’abor­to, è stata lei ad informarmi che ave­va anche pensato a questa soluzio­ne, ma che non aveva avuto il corag­gio di farlo. Perché avrei dovuto ri­proporglielo? ». Il nostro modo di o­perare, aggiunge, è «quello dell’auto­determinazione della persona, noi vagliamo tutte le soluzioni partendo dalla rete familiare, amicale e delle strutture di accoglienza madre-bam­bino ». Fatto sta però, che pur aven­do trovato per lei una struttura prov­visoria per due mesi, ora Teresa deve ringraziare il Centro di aiuto per la vi­ta se ha una tetto semi definitivo e un medico. In più per avere un sussidio si dovrà aspettare di «pianificare con la ragazza un progetto, un percorso, i fondi dipenderanno da questo – conclude – anche i tempi di eroga­zione sono variabili». Aspettando la burocrazia, intanto, Te­resa ha incontrato la sua buona stel­la, un amico vicentino che, tramite facebook, le ha fatto conoscere le vo­lontarie del Cav e che ha donato al centro alcuni fondi per il suo bambi­no. «Da noi ha ritrovato il sorriso e la speranza – racconta Francesca Siena del Cav –. La prima volta che l’ho in­contrata era spaventata. Poi l’abbia­mo sistemata in una casa-famiglia, ora ha un ginecologo che la segue gra­tis ed è stata inserita nel progetto 'Madre Teresa' per cui avrà 250 eu­ro al mese per un anno, oltre a tutti i beni materiali per suo figlio fino al quarto anno di vita». Alla sua versio­ne qui credono tutti, soprattutto per­ché «non è la prima futura mamma che racconta una storia del genere – prosegue Francesca –. Noi sconsi­gliamo sempre alle donne in gravi­danza di rivolgersi ai servizi sociali prima della dodicesima settimana. Troppa la paura che le inducano, co­me è già successo, ad abortire».