L'albero della vita è proprio lì,
in bella mostra al centro
della chiesa, sui rami le foto
dei bambini che sono stati
aiutati a venire al mondo.
Sono le stesse creature che
poco più in là le mamme tengono
strette a sé, quasi a non voler lasciare un
dono così sofferto e per questo, forse,
più amato. Sono tutte insieme, le madri e le volontarie del
Centro di aiuto alla vita di Roma, per festeggiare il Natale
e le tante nascite speciali. Ci sono le storie che si
intrecciano, tristi momenti che hanno trovato un lieto
fine dicendo sì alla vita, nonostante tutto. Ma ci sono
soprattutto gli sguardi, gli abbracci e i sorrisi di chi ha
saputo dare non solo un sostegno economico, ma una
parola di conforto, una voce amica. Laura, Anita, Silvana,
Teresa. Qualcuna si alza in piedi per raccontare come
«valga sempre la pena di accogliere la vita» e ringrazia la
«carità spontanea delle volontarie, capaci di dare sostegno
discreto e sincero». In molte, però, scelgono
semplicemente di esserci e di aprirsi
solo in confidenza; troppo difficile,
infatti, parlare di quando «la solitudine
e la paura fanno pensare anche alla
soluzione più dolorosa». Ma è Natale
ed è la festa della vita. Lo ricorda il
presidente del Cav capitolino Giorgio
Gibertini quando invita a pregare «per
le tante madri che hanno accolto
questo dono di Dio, ma soprattutto per quelle che non
hanno avuto la forza di dire sì ad una nuova creatura». La
novità fa paura, una nuova vita rende insicuri di essere
all’altezza del compito; dall’altare don Massimiliano
Nazio usa poche semplici parole per ricordare che «anche
se il cambiamento ci spaventa, non serve fare battaglie
ideologiche, basta accettare la vita nascente riconoscendo
tutto il suo valore». Alla fine arriva anche Babbo Natale e
il sorriso che una macchinina o una bambola riescono a
strappare ai bimbi è quest’anno per i grandi forse il regalo
più prezioso.
Alessia Guerrieri