«Quei paletti alla fine sono necessari»
Avrebbe dovuto finalmente riprendere oggi alla camera bassa la discussione, e susseguente approvazione, della legge sul fine vita o, come è giusto chiamare, delle «Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento». Il tutto è slittato, causa precedenza del milleproroghe (quindi questa è la proroga mille e uno?) ai primi di marzo.
Manca quindi pochissimo, ma il dibattito monta e l’opinione pubblica si scalda, soprattutto quella dei favorevoli all’eutanasia che leggono il testo di questa comunque imperfetta proposta di legge, come ingannevo-le, ideologico, autoritario, anticostituzionale e poi declamatorio, superfluo e menzognero… tanto per cominciare.
Ingazio Marino, medico e senatore Pd, e l’immancabile Beppino Englaro hanno addirittura inventato un happening teatrale dal titolo: «Le ragioni del cuore: testamento biologico. Sentimenti e diritti a confronto» e il modello teatrale è direttamente preso da «Vieniviaconme» ovvero, il confronto non esiste, le voci sono tante ma l’opinione da trasmettere è unasola.
Alle loro voci si è aggiunto il video e le parole di Roberto Saviano che ormai sembra aver preso una deriva laicista, e una raccolta di firme da parte della Cgil «Io non costringo, curo »: che cosa c’entri il sindacato non lo abbiamo capito, ma soprattutto basterebbe loro ricordare di andarsi a rileggere il concetto di cura sviluppato da Ippocrate e ben descritto nel giuramento, che da lui prende il nome, a cui i medici una volta facevano riferimento.
Sulla vita non si vota fu il fortunato slogan che condusse il Popolo della vita (nella sua definizione presa dall’Evangelium vitae)alla vittoria del referendum sulla legge 40. Se sulla vita non si vota è lecito domandarsi sulla morte si vota o no e, per estensione, è giusto sostenere una legge chiamata sulle «Dichiarazioni anticipate di trattamento», ma che comunque riguarda la sfera ultima del nostro vivere?
L’idea del 2005 di non votare al referendum non fu, come in molti hanno liquidato, solo un’ottima strategia politica voluta in primo luogo dall’allora vicario di Roma Camillo Ruini. Dietro quella decisione il cardinale pose anche tutta la sua saggezza e lungimiranza in materia: non si può mettere ai voti ciò che non proviene da noi ma da Dio soltanto, il bene più prezioso che abbiamo, il primo diritto datoci per il solo fatto di esserci,cioè la vita.
Sempre per estensione il concetto va esteso anche alla morte che comunque della vita è parte. La morte comincia dal momento della nascita. Non dobbiamo averne paura perché se no ci coglierà di sorpresa. Oggi si ha paura della morte e della malattia per questo si crede di poterle esorcizzare o anticipandole o evitandole. Sulla morte pure non si dovrebbe votare, ma sappiamo che, purtroppo, tutto ciò che non è vietato è lecito e questo ha portato alla morte di Eluana per mancanza di idratazione e alimentazione.
Questa legge in discussione alla Camera è nata sull’onda emotiva di quel fatto ma, in questi due anni, è stata più volte emendata, stralciata, tirata, accorciata e perfezionata cercando una mediazione possibile. Anche sulla morte non si dovrebbe votare ma mettere dei paletti legislativi per difendere la vita (e la morte) dall’assalto del relativismo etico imperante, ci permetterà di aggrapparci ancora di più alle nostre convinzioni e testimoniarle per vincere la battaglia culturale.
Da Avvenire, articolo di Giorgio Gibertini