mercoledì 12 ottobre 2011

La ragazza madre che ha dato la vita a Steve Jobs

Come a dire: Mio Dio, vengo su e
ci sentiamo un po' di musica assieme?
In questi giorni tantissimi hanno "celebrato", in forma laica, la morte di Steve Jobs, fondatore, ideatore, "guru" della Apple, quella società che ha cambiato a tutto il mondo il modo di comunicare, di sentire la musica, di scrivere e di navigare in internet.
Un genio dell'informatica ma non solo.
Tutti conosciamo a memoria almeno una sua frase famosa tesa sempre alla ricerca ed al perfezionamento della bellezza.
Tutti abbiamo sentito almeno una volta il suo epico discorso ai neo laureati di Stanford: chi non l'ha fatta legga pure qu
Pochi hanno ricordato che Jobs era figlio di una ragazza madre che l'ha si abbandonato ma cercando per lui il meglio.
Pochi hanno ricordato che Jobs è stato adottato da due genitori che volevano una femmina ma hanno dato a lui tutto quello che potevano dargli, soprattutto una famiglia.
Pochi hanno ricordato che:
"Come sarebbe diverso il mondo senza Steve Jobs! Eppure, se fosse stato concepito solo 20 anni più tardi, sulla scia di Roe vs Wade (il caso che nel 1973 spalancò le porte all’aborto legale negli Stati Uniti, NDT), nel clima dominato da un’altra impresa-icona americana – Planned Parenthood – impegnata in un fiorente commercio di aborti, ce lo saremmo potuti anche perdere. Negli anni ’50 invece l’aborto era illegale e probabilmente Joanne Simpson non ci pensò nemmeno. Quando le cose a casa si complicarono, lei se ne andò tranquillamente a San Francisco per avere il bambino e darlo in adozione."
Buona lettura davvero!

La donna dietro l’icona

Rendiamo omaggio a Steve Jobs, nel giorno della sua scomparsa, proponendo un’acuta riflessione sulla scelta cruciale che sta all’origine della sua storia.
Steve Jobs, WWDC 07
(di Carolyn Moynihan) – Molti encomi in onore di Steve Jobs sono stati spesi settimana scorsa dopo le sue dimissioni da amministratore delegato di Apple, l’azienda che ha co-fondato negli anni ’70 e che ha inondato di magici dispositivi il mondo entusiasta. E’ stato acclamato come “il Thomas Edison di questo secolo”, “il Da Vinci del nostro tempo” e, meno pomposamente, “un moderno Marshall McLuhan“. Jobs stesso ha suggerito confronti con figure assai diverse, come Gandhi e Bob Dylan.
Forse lo scrittore che l’ha ridimensionato a “rock star del mondo informatico” non ha del tutto torto, ma l’opinione della maggioranza sembra essere che quest’uomo sia un genio.
Ciò che i media, nell’insieme, hanno trascurato, è da dove venga questo genio. Ci sono storie che accennano alla sua origine familiare, ma questi aspetti sono considerati di secondaria importanza nelle retrospettive sulla straordinaria carriera di Steve Jobs. Nulla però di questa storia sarebbe forse successo se una giovane diplomata nubile non avesse presentato nel 1955 il suo bambino non programmato per un’adozione.
Se il padre della ragazza non avesse sollevato obiezioni contro il suo fidanzato siriano, Joanne Simpson avrebbe sposato subito Abdulfattah John Jandali (lo fece poi in seguito, dopo la morte del padre) e la storia di Steve Jobs sarebbe stata completamente diversa. Certo poteva ancora essere un genio, ma forse non avrebbe mai incontrato Steve Wozniack e fondato Apple. Sarebbe forse stato un brillante avvocato o politico – o uno mediocre. Non sappiamo.
Ciò che sappiamo è che milioni di persone intorno al mondo si sono innamorate delle creazioni di Apple: il Macintosh (è stato il primo computer che io abbia usato, il suo mouse e le sue icone mi sembrano sempre così belli), l’iMac, l’iPod, iTunes, l’iPhone e l’iPad. Apple sotto la sua leadership è passata in 10 anni da due ragazzi in un garage a una compagnia da 2 miliardi di dollari in Silicon Valley, che dà lavoro a 50’000 persone. Negli ultimi 14 anni, da quando Jobs è rientrato nell’azienda, la sua capacità di capire cosa rende desiderabile la tecnologia ha condotto a un trionfo dopo l’altro, fin quando all’inizio di questo mese la Apple ha superato di poco la Exxon Mobil, per diventare la società di maggior valore al mondo.
E non dimenticate Pixar, il progetto di Jobs per Hollywood, che ha regalato il sorriso a molti milioni di spettatori con i film di animazione computerizzata come Toy Story e Alla ricerca di Nemo.
Non tutti amano Steve Jobs, naturalmente. Dai colleghi che tramarono perchè lasciasse Apple nel 1986, agli utilizzatori di iPad che non possono usare Adobe Flash Player sul loro gadget preferito, Jobs ha subìto l’ostilità di molte persone in questi anni. E’ stato chiamato sgobbone, ostinato, irascibile, micro-manager, uno che si fa bello con le invenzioni degli altri, uno che guida senza targa e parcheggia la sua Mercedes nel posto riservato ai disabili. Sia l’industria discografica che editoriale hanno accettato con riluttanza le sue condizioni monopolistiche per dare accesso ai loro prodotti attraverso i dispositivi Apple. La sua retrodatazione delle stock option ha provocato scandalo – così come la sua assenza dalle scene della filantropia (un’eccezione è stata la sua donazione di 100’000$ per la campagna a favore del matrimonio omosessuale, nel 2008 in California).
Anche i critici, tuttavia, riconoscono la sua astuzia e l’intuito sorprendente di dove la tecnologia muoverà il prossimo passo, e di quando ciò avverrà. Come ha scritto tre anni fa la rivista Fortune, Jobs non è solo considerato il miglior amministratore delegato in circolazione, è “anche diventato un guru culturale globale, dando forma agli spettacoli che guardiamo, al modo in cui ascoltiamo la musica, e agli oggetti che usiamo per lavorare e per divertirci. Ha cambiato i giochi per interi settori industriali.”
Come sarebbe diverso il mondo senza Steve Jobs! Eppure, se fosse stato concepito solo 20 anni più tardi, sulla scia di Roe vs Wade (il caso che nel 1973 spalancò le porte all’aborto legale negli Stati Uniti, NDT), nel clima dominato da un’altra impresa-icona americana – Planned Parenthood – impegnata in un fiorente commercio di aborti, ce lo saremmo potuti anche perdere. Negli anni ’50 invece l’aborto era illegale e probabilmente Joanne Simpson non ci pensò nemmeno. Quando le cose a casa si complicarono, lei se ne andò tranquillamente a San Francisco per avere il bambino e darlo in adozione.
Ecco la storia così come l’ha raccontata Steve Jobs in un discorso alla cerimonia di conferimento delle lauree alla Stanford University nel giugno 2005. La sua madre biologica, disse
riteneva con determinazione che avrei dovuto essere adottato da laureati, così predispose tutto perchè fossi adottato alla nascita da un avvocato e sua moglie. Solo che, quando nacqui, essi decisero all’ultimo momento che in realtà volevano una bambina. Così i miei futuri genitori, che erano in una lista d’attesa, ricevettero una chiamata nel cuore della notte, che chiedeva: “Abbiamo un maschietto inaspettato. Lo volete?” Risposero: “Naturalmente!” La mia madre biologica scoprì più tardi che mia madre adottiva non era laureata e che mio padre adottivo non aveva terminato il liceo. Si rifiutò di firmare i documenti dell’adozione definitiva. Cedette solo alcuni mesi più tardi, quando i miei genitori le promisero formalmente che sarei andato all’università.
Nonostante il suo dominio nell’impero di Apple, Jobs ha sempre contato sul genio e l’impegno di altre persone, oltre al proprio. Nella sua madre naturale abbiamo incontrato la più importante di queste persone – una donna che non solo ha rispettato la vita di suo figlio, ma che ha voluto dargli le migliori prospettive a cui si poteva aspirare in quelle circostanze. Ci ha pensato, ha fissato le condizioni, e si è presa la responsabilità di ciò che aveva incominciato.
Nei campus universitari di oggi, inondati di contraccettivi e di propaganda per il sesso sicuro, a una ragazza che rimane incinta si proporrà immediatamente di abortire, e la cosa più probabile è che accetti senza nemmeno prendere in considerazione le opzioni di cui dispone.
Cinquantasei anni fa, il bimbo che divenne noto come Steve Jobs fu respinto, è vero, all’ultimo momento da un avvocato e la moglie che avevano già firmato per adottare il figlio di Miss Simpson. Ma c’era una coppia di lavoratori, Clara e Paul Jobs, che semplicemente volevano un bambino. Punto. Era brava gente che, quando fu il momento, si dispose a fare i sacrifici necessari per mandarlo all’università. Ci sono ancora molte persone così in giro, solo che non hanno la possibilità di adottare perchè la maggior parte dei bambini indesiderati vengono distrutti. Le coppie sterili devono andare all’estero per trovare un bambino, a volte con procedimenti molto dubbi. Che differenza possono fare pochi decenni; che triste differenza!
Nel suo discorso agli studenti di Stanford, Steve Jobs ha raccontato tre storie. La prima riguardava la sua capacità di scoprire tesori, grazie a cui “ha connesso i punti” tra l’abbandono dell’università e la progettazione del suo primo McIntosh. La seconda parlava di “amore e perdita” – soprattutto l’amore per il suo lavoro che ha ispirato e alimentato la sua vita professionale. In particolare questo amore è stato ciò che lo ha reso capace di ricominciare dopo essere stato “licenziato” dalla propria azienda nel 1986 ed essere diventato un “fallimento pubblico”.
Allora non lo compresi, ma scoprii poi che essere stato estromesso dalla Apple fu la cosa migliore che potesse mai succedermi. Il peso dell’essere un uomo di successo fu rimpiazzato dalla leggerezza di essere di nuovo un debuttante, con poche sicurezze su tutto. Questo mi liberò ed entrai in uno dei periodi più creativi della mia vita.
Ciò ha incluso il matrimonio con Laurene Powell, con cui ha avuto tre figli.
Sono abbastanza sicuro che niente di tutto questo sarebbe successo se non fossi stato allontanato dalla Apple. E’ stata una medicina dal sapore orrido, ma penso che il paziente ne avesse bisogno. A volte la vita ti colpisce in testa con un mattone. Non perdete la fede. Sono convinto che l’unica cosa che mi ha fatto andare avanti sia stato l’amore per ciò che facevo. Dovete scoprire ciò che vi piace.
La terza storia di Jobs ha qualcosa in comune con la seconda. Riguarda la perdita: avere il cancro, affrontare la propria condizione mortale, dovendo decidere cosa fare con il resto della propria vita.
Aver presente che morirò presto è il più importante strumento che io abbia mai avuto per aiutarmi a fare grandi scelte nella vita. Infatti quasi tutto – ogni aspettativa esterna, ogni orgoglio, ogni timore di difficoltà o fallimento – tutto ciò svanisce di fronte alla morte, lasciando solo ciò che è veramente importante. Ricordarsi che dobbiamo morire è il miglior modo che io conosca per evitare la trappola di pensare che abbiamo qualcosa da perdere. Siamo già nudi. Non c’è motivo per non seguire il proprio cuore.
Da allora, grazie a una tregua della malattia, Jobs ha portato Apple a nuovi livelli di innovazione e di preminenza sul mercato, rendendo l’azienda il fiore all’occhiello di un’economia altrimenti sofferente.
Sarebbe illusorio pensare che l’esempio dato dalla madre biologica lo abbia aiutato non solo a ricominciare dopo il fallimento iniziale, ma anche a confrontarsi con la possibilità di una morte precoce con realismo e perfino con ottimismo? Forse sì. Eppure, c’è un’evidente somiglianza di spirito nel modo in cui madre e figlio hanno gestito le rispettive crisi. Mettere a fuoco la vita e andare avanti con essa, ecco cosa sembrano dirci.
Pensa differente, ci sollecitava la campagna Apple alla fine degli anni ’90. Se c’è un problema sul quale i leader civili e politici di oggi hanno bisogno di pensare in modo differente, è il valore dell’essere umano. La pressione per prevenire le nascite che è stata esercitata su di loro negli ultimi 60 anni, ha portato ad un’economia malata e a una grave mancanza di leader dotati di vera visione. Essi dovrebbero riflettere attentamente sul fenomeno Steve Jobs, e imparare.
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Carolyn Moynihan è vicedirettrice di MercatorNet.
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Questa è una traduzione dell’articolo originale di Carolyn Moynihan: The woman behind the icon, 3 settembre 2011, pubblicato da MercatorNet sotto una licenza Creative Commons.