domenica 27 gennaio 2013

Il silenzio politico dei cattolici è tradire il Vangelo


Chiedere il silenzio dei cattolici in politica significherebbe « tradire il Vangelo e quindi Dio e l’uomo ». Lo ha affermato il presidente della Conferenza episcopale, cardinale Angelo Bagnasco, aprendo la 46ma settimana sociale dei cattolici italiani a Reggio Calabria svoltasi nell’ottobre del 2010. « Aspettarsi che i cattolici si limitino al servizio della carità perché questa è un fronte che raccoglie consensi e facili intese, chiedendo invece l’afasia convinta o tattica su altri versanti ritenuti divisivi e quindi inopportuni — ha affermato Bagnasco — significherebbe tradire il Vangelo e quindi Dio e l’uomo ». Le accuse di confessionalismo. « Dispiace constatare che qualunque dichiarazione la Chiesa faccia a riguardo dei valori morali — ha affermato Bagnasco — sia bollata da qualcuno di confessionalismo, come se si volesse imporre alla società pluralista una morale cattolica ». La questione è un’altra, ha aggiunto il presidente della Cei citando Benedetto XVI, e nasce dall’esigenza di trovare « il fondamento etico per le scelte politiche ».
I cattolici e la politica. « La tradizione cattolica sostiene che le norme obiettive che governano il retto agire sono accessibili alla ragione e quindi il ruolo della religione nel dibattito politico non è tanto quello di fornire tali norme, come se esse non potessero essere conosciute dai non credenti, e ancora meno è quello di riproporre soluzioni politiche concrete, cosa che è del tutto al di fuori della competenza della religione ». Ad essa spetta invece « aiutare nel purificare e gettare luce sull’applicazione della ragione nella scoperta dei princìpi morali oggettivi, un ruolo correttivo che tuttavia — ha osservato il porporato — non è sempre bene accolto ». « La Chiesa — ha concluso Bagnasco — non cerca l’interesse di una parte della società, quella cattolica o che in essa comunque si riconosce, ma è attenta all’interesse generale ».