venerdì 8 novembre 2013

Avvenire cita il nostro Presidente Giorgio Gibertini ed il piccolo Matteo Bramucci

Ravera choc: i feti «grumi di materia» . Cresce la protesta per le parole dell’assessore «Non si ironizza sulle morti in utero»

DA ROMA LUCA LIVERANI A ll’inizio è partito quasi in sordina ma ora, dopo alcuni giorni, è diventato un coro assordante di critiche indignate quello contro l’assessore alla Cultura della Regione Lazio, Lidia Ravera. A scatenare la bufera il suo attacco al sindaco di Firenze Matteo Renzi, reo di avere approvato una delibera su quello che la scrittrice definisce spregiativamente «il cimiterino dei non nati», ironizzando sul «diritto si seppellire grumi di materia».

Cioè i bambini morti durante la gravidanza. Il Forum delle associazioni familiari del Lazio chiede al presidente Zingaretti di rimuoverla dall’incarico. E dimissioni immediate è la richiesta anche delle associazioni CiaoLapo onnlus e Quercia millenaria. Il caso è la prima notizia del sito di RomaSette , il settimanale della diocesi di Roma. Ravera nel suo blog sulla testata online del gruppo L’Espresso il 4 novembre rilancia un articolo di Tiziana Ferragni che il 29 ottobre già criticava su Io donna on line, il femminile del Corriere della Sera, la delibera di Firenze. Una norma che regolamenta la sepoltura a Trespiano dei bambini non nati - per i genitori che lo desiderano e non vogliono che finiscano nei rifiuti ospedalieri - dove già dal 1996 c’è uno spazio dedicato che ha accolto 1.019 sepolture. La delibera aggiorna il regolamento di polizia mortuaria del 1969. Nessuna novità rivoluzionaria, dunque. O clerico-reazionaria. Ma per Lidia Ravera è lampante il complotto contro la legge sull’aborto. E parla di «brutto film, vecchio e clericale», uno « splatter che torna sugli schermi della politica» per affermare «il diritto di seppellire grumi di materia, chiamandoli bambina e bambino». «Il copione – rincara – è lo stesso: una compassionevole aggressione delle mamme mancate. Tutte quelle donne che, poiché il corpo ha le sue insondabili leggi, non sono riuscite a portare a termine il loro dovere di animali al servizio della specie», scrive. Tutta colpa, dice, dei «vari Movimenti per la vita (dei feti, non delle madri)», una delle tante «crociate del superfluo, se non fosse, sempre più chiaramente e tristemente, una delle tappe simboliche più subdole ed efficaci della battaglia per la trasformazione della legge 194 in carta straccia». Non manca l’attacco ai medici obiettori che si nasconderebbero «dietro la foglia di fico del 'problema di coscienza'». Ammesso che qualcuno dei promotori della delibera sia «in buona fede», per Ravera «pensare di procurare sollievo alle non-mamme mandandole a piangere davanti a un quadratimo di terra smossa» è «sadismo di Stato», «ingerenza intollerabile», «palese buffonata». Le risponde Emma Ciccarelli, presidente del Forum delle associazioni familiari del Lazio, 50 realtà e 500 mila associati, scrivendo al governatore Nicola Zingaretti. «Ci sentiamo offesi»: come donne definite «animali al servizio della specie», come associazioni «al servizio della vita ogni giorno sul territorio nazionale», come famiglie incredule che «nello stesso articolo si collezioni tanta insensibilità e denigrazione nei confronti dei vissuti familiari». Quindi per i «giudizi molto offensivi e lesivi dei diritti altrui chiediamo l’immediata rimozione dall’incarico istituzionale» dell’assessore. «Parole gravissime ed estremamente offensive nei confronti delle donne che hanno perso un figlio per aborto», dice Olimpia Tarzia, consigliera regionale all’opposizione e presidente del Movimento PER. «Centinaia di genitori in lutto e donne interessate da problemi di abortività, offese, ci hanno scritto chiedendo di fare qualcosa», spiega Alfredo Vannacci, medico e fondatore di CiaoLapo onlus, associazione apolitica e aconfessionale che dal 2007 si occupa di tutela della gravidanza a rischio e che ora si unisce alla richiesta di dimissioni, perché «l’assessore ha ironizzato sul diritto legalmente riconosciuto in Italia e in qualunque paese civile di accedere alla sepoltura in caso di morte in utero».

Giorgio Gilbertini del Centro di aiuto alla vita di Roma difende la scelta dei genitori di Matteo Bramucci, morto a 18 settimane, «di seppellire il loro 'grumo di materia'» nel Cimitero degli Angeli che esiste anche a Roma.
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