La Ue: stop ai brevetti sugli embrioni
Non è brevettabile un procedimento che, ricorrendo al prelievo di cellule staminali ricavate da un embrione umano nello stadio di blastocisti, comporta la distruzione dell'embrione. L’utilizzazione per finalità terapeutiche o diagnostiche che si applichi all’embrione umano e sia utile a quest’ultimo può essere oggetto di brevetto, ma la sua utilizzazione a fini di ricerca scientifica non è brevettabile. È questo in sintesi il parere espresso questa mattina nella sentenza sul caso C-34/10 dalla Corte di giustizia dell’Unione europea. La Corte di Lussemburgo era chiamata ad esprimersi in merito alla domanda di pronuncia pregiudiziale presentata dalla Corte federale tedesca di Cassazione (Bundesgerichtshof) cui si era appellato il ricercatore tedesco Oliver Brüstle dopo la dichiarazione di nullità di un suo brevetto, relativo alla produzione di cellule progenitrici ricavate da cellule staminali embrionali umane, da parte del Tribunale federale tedesco competente (Bundespatentgericht), sulla base di un ricorso presentato dall’associazione Greenpeace. Lo scorso 10 marzo l’avvocato generale della Corte, Yves Bot, al termine della sua istruttoria aveva confermato la nullità del brevetto ribadendo la “non brevettabilità” delle cellule staminali embrionali.
In sede di esame della nozione di “embrione umano”, mancante nella direttiva 98/44/CE sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche, la Corte sottolinea innanzitutto che essa “non è chiamata ad affrontare questioni di natura medica o etica – si legge in un comunicato diffuso dall’Unità stampa e informazione della Corte stessa -, ma deve limitarsi ad un’interpretazione giuridica delle pertinenti disposizioni della direttiva”. Tuttavia “il contesto e la finalità di quest'ultima rivelano che il legislatore dell’Unione ha inteso escludere qualsiasi possibilità di ottenere un brevetto quando il rispetto dovuto alla dignità umana può esserne pregiudicato. Ne risulta, secondo la Corte, che la nozione di 'embrione umano’ deve essere intesa in senso ampio”. Pertanto, la Corte considera che “sin dalla fase della sua fecondazione qualsiasi ovulo umano deve essere considerato come un ‘embrione umano’, dal momento che la fecondazione è tale da dare avvio al processo di sviluppo di un essere umano”. Secondo i giudici, “deve essere riconosciuta questa qualificazione di ‘embrione umano’ anche all’ovulo umano non fecondato in cui sia stato impiantato il nucleo di una cellula umana matura e all’ovulo umano non fecondato indotto a dividersi e a svilupparsi attraverso partenogenesi”. Esaminando se la nozione di “utilizzazioni di embrioni umani a fini industriali o commerciali”, non brevettabili, includa anche “l’utilizzazione a fini di ricerca scientifica”, la Corte osserva che “il fatto di accordare a un’invenzione un brevetto implica, in linea di principio, lo sfruttamento industriale e commerciale della stessa”. Anche “se lo scopo di ricerca scientifica deve essere distinto dai fini industriali e commerciali”, secondo i giudici “l’utilizzazione, oggetto di una domanda di brevetto, di embrioni umani a fini di ricerca scientifica non può essere distinta da uno sfruttamento industriale e commerciale e, pertanto, sottrarsi all’esclusione dalla brevettabilità”. Di conseguenza anche la ricerca scientifica che implichi l’utilizzazione di embrioni umani “non può ottenere la protezione del diritto dei brevetti” a meno che tale brevettabilità riguardi “l’utilizzazione a fini terapeutici o diagnostici che si applicano e che sono utili all’embrione umano – ad esempio per correggere una malformazione e migliorare le sue prospettive di vita”.
Quanto alla brevettabilità di un’invenzione relativa alla produzione di cellule progenitrici neurali, la Corte sottolinea, da un lato, “che quest'ultima presuppone il prelievo di cellule staminali ricavate da un embrione umano nello stadio di blastocisti, e, dall'altro, che il prelievo comporta la distruzione dell'embrione”. Non escludere pertanto dalla brevettabilità tale invenzione “avrebbe la conseguenza di consentire al richiedente un brevetto di eludere il divieto di brevettabilità mediante un’abile stesura della rivendicazione”. In conclusione, la Corte reputa che “un'invenzione non possa essere brevettata qualora l’attuazione del procedimento richieda, in via preliminare, la distruzione di embrioni umani o la loro utilizzazione come materiale di partenza”.