giovedì 20 ottobre 2011

«Riprogrammare le cellule decisivo anche per l’industria»


Alla fine la tanto attesa risposta della Cor­te di giustizia europea in merito alla bre­vettabilità delle cellule embrionali u­mane è arrivata: non è brevettabile un procedi­mento che, ricorrendo al prelievo di cellule sta­minali ricavate da un embrione umano allo sta­dio di blastocisti, comporta la distruzione del­l’embrione stesso. È l’ultimo passaggio della con­troversia legale iniziata quando Greenpeace nel 1999 denunciò l’ottenimento di un brevetto da parte del neuropatologo tedesco Oliver Brüstle per produrre cellule neurali da staminali em­brionali umane di una linea stabilizzata e com­mercialmente disponibile.La Corte europea reputa che un’invenzione non possa essere brevettata qualora l’attuazione del procedimento richieda, in via preliminare, la di­struzione di embrioni umani o la loro utilizza­zione come materiale di partenza. «Sentenza il­luminata », commenta con soddisfazione Ange­lo Vescovi, direttore scientifico della Casa Sol­lievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo, che è stato appena insignito del premio «Alum­nus of the year 2011» da parte dell’Hotchkiss Brain Institute, centro di eccellenza per le neu­roscienze dell’università canadese di Calgary.
«L’elemento centrale della sentenza – spiega – è che la vita umana non può essere sfruttata per fini commerciali, e questo è un principio etica­mente condivisibile e importante. Non solo: que­sta decisione mette in luce l’aggravante della causalità in ciò che si vieta, ossia come non so­lo non si possa distruggere un embrione ma, meno che mai, costruirlo apposta con questa fi­nalità. Si stabilisce, poi, che la vita comincia con la fecondazione dell’ovulo. Ora mi aspetto rea­zioni già viste». Che impatto avrà, infatti, la sen­tenza sul fermento che continua a circondare il settore delle staminali embrionali? «La soddi­sfazione morale che provo – continua Vescovi – è legata al fatto che, finalmente, anche dalla leg­ge arriva un incitamento a svegliarsi, perché si capisca che è tempo di cambiare strategie poli­tiche e bioindustriali. Non ha più senso conti­nuare a investire sugli embrioni: ora l’alternati­va c’è ed è data dalla tecnica della riprogram­mazione delle cellule adulte sulla quale da tem­po ha puntato la ricerca mondiale. Sono cellule più maneggevoli anche per la pratica industria­le perché ottenibili in quantità elevate, utilizza­bili sul paziente senza rischio di rigetto. A chi griderà all’oscurantismo del Vecchio continen­te, io rispondo che dimostra un’incompetenza tecnico-scientifica enorme. La ricerca non si fer­ma affatto perché la strada vincente, anche per l’industria, è la riprogrammazione».
DI ALESSANDRA TURCHETTI