mercoledì 7 settembre 2011

La vita umana: la prima meraviglia


L’essere umano è il prodigio più grande dell’universo. In lui, solo in lui si accendono misteriosamente coscienza, espressione, esperienza morale, nostalgie, tragedie e dedizioni di amore, tutte cose che fanno di lui, errori e dolori compresi, la parte più nobile della creazione.

Il corpo stesso dell’uomo è ben degno dell’immensità del suo spirito: le cellule del nostro corpo, miliardi e miliardi di cellule, sempre al lavoro e sempre percorse da una dolce fluorescenza energetica, sono mille volte più numerose delle stelle del nostro cielo; eppure questo nostro organismo supersofisticato si realizza da una scintilla microscopica, in solo nove mesi!
Bisogna dire che questa scintilla, la cellula-uovo fecondata nel seno materno, è una meraviglia di fronte alla quale ci sarebbe da mettersi in ginocchio…
Nelle “profondità” del corpo materno l’originalità di ogni uomo prende forma e giunge a noi con una “grande” storia dietro di sé: in proporzione e in intensità infatti, noi lavoriamo e lottiamo per noi stessi più in quei nove mesi che nel resto della nostra esistenza. Conosciamola dunque questa nostra prodigiosa storia, questa estrema giovinezza della vita umana! E… come in un filmato che abbia un grande Protagonista, ammiriamo insieme le immagini di un’eccezionale documentazione scientifica: un viaggio fotografico nella viva realtà di un essere umano all’alba della vita.



Come in ogni bell’album, prima del Protagonista presentiamo la “storia” che lo precede: sarà come un conto alla rovescia per il grande avvenimento!

Il corpo umano si può paragonare a un edificio formato da minuscoli mattoni che si chiamano cellule. In questa fotografia vediamo quelle dell’epidermide, ingrandite 1.600 volte.

Le cellule sono microscopiche particelle viventi, autonome, formate da milioni di molecole sempre attive; respirano, si nutrono, reagiscono a ciò che le circonda; hanno vita più o meno




lunga: per esempio quelle nervose resistono anni e anni; altre invece soltanto pochi giorni. Le cellule che sopravvivono si moltiplicano per sostituire quelle morte, ma la loro capacità di riprodursi si riduce via via: ecco perché invecchiamo.



Ogni nostra cellula ha un nucleo che contiene esattamente 46 “bastoncini”, detti cromosomi: eccoli in questa foto. Sono formati da un acido (detto DNA) che contiene un numero incalcolabile di geni: il nostro patrimonio ereditario. Da questi geni e da come sono “combinati” fra loro dipendono le caratteristiche che ci distinguono: il sesso, il colore degli occhi, dei capelli, della pelle, ecc. Tutte le cellule di un individuo hanno la stessa “combinazione” genetica, diversa da quella di ogni altro essere umano; perciò si riconoscono fra loro e non si rigettano. Dall’adolescenza in poi, maturano le cellule sessuali: gli spermatozoi negli organi sessuali maschili, l’ovulo (o cellula-uovo) in quelli femminili. Queste cellule sono programmate per accoppiarsi e divenire una cosa sola in un figlio, un nuovo Protagonista nella storia umana.

Secondo le leggi di natura l’incontro fra l’ovulo e lo spermatozoo avrà luogo nel corpo della donna, generoso nido del piccolo concepito.

Vediamo qui l’ovulo appena espulso dall’ovaia; sta per scomparire dentro la salpinge (o tuba) che lo cerca per attirarlo nel suo canale e indirizzarlo verso l’utero.



Un solo ovulo arriva a maturazione nella donna una volta al mese e può essere fecondato soltanto entro breve tempo, 24 ore circa, altrimenti si decompone e provoca il flusso mestruale. L’ovulo è un’unica cellula, piccola come la punta di uno spillo pur essendo la cellula più grande del corpo umano: quasi una cellula gigante, perché porta con sé il nutrimento per i primissimi bisogni del nuovo individuo. Fin dal primo istante la natura materna pensa e provvede alla sua creatura...



Ecco le cellule sessuali maschili: gli spermatozoi. La testa contiene i caratteri paterni, è la… “borsa” del patrimonio genetico che il padre dona per la fecondazione.

La coda, destinata a dissolversi nell’ovulo, serve al piccolo seme per muoversi negli organi femminili e salire fin nel canale della salpinge alla ricerca della cellula-uovo: un viaggio difficile che lo impegna per circa sei ore. Nel liquido seminale gli spermatozoi sono milioni, tutti decisi a conquistare l’ovulo; ma molti periscono fra le difficoltà; comunque hanno tutti vitalità limitata. Non c’è da meravigliarsi se una maternità desiderata non è sempre facilmente ottenuta.

Ora l’obiettivo ci mostra il grande ovulo assediato dai minuscoli spermatozoi finalmente arrivati nella tuba. Soltanto uno di loro, quasi fosse atteso!, potrà penetrare la parete della cellula-uovo che subito dopo si ispessisce e respinge tutti gli altri.

Le cellule mature per la fecondazione, cioè l’ovulo e lo spermatozoo, differiscono fondamentalmente da tutte le altre cellule: infatti nel maturarsi perdono, ogni volta a caso!, metà dei loro cromosomi e quindi metà delle loro caratteristiche. Grazie a ciò la cellula-figlio, frutto del loro incontro, avrà una normale dotazione di 46 cromosomi: 23 forniti dal padre e 23 dalla madre.





E’ l’ora zero, il momento magico del concepimento! Nella cellula-uovo vediamo il nucleo femminile e quello maschile che si stanno penetrando per arrivare a fondersi. Nel loro accoppiamento i cromosomi paterni e materni si “baciano” confondendo i loro geni. Le possibili combinazioni offerte dai milioni di caratteri sono infinite: originale, unico, ecco il Protagonista!

Non ne nasceranno mai altri uguali a lui; mai, neppure dagli stessi genitori. Tale è ogni figlio: irripetibile come le sue impronte digitali, come il suo codice genetico!

Questo figlio, uomo costituito da un’unica cellula, è una meraviglia che supera le nostre capacità ricettive, come un suono troppo alto per essere sentito…

Nel suo infinitesimale “io”, si accendono, con la scintilla della sua vita, propositi di un immenso programma che nessun computer potrà mai elaborare; un programma con milioni di “dati” e con la forza dinamica per attuarsi.

Nessuno si spiega come sia possibile che una cellula microscopica si riproduca in miliardi di cellule identiche a lei, con il suo stesso nucleo genetico, e dia origine a tessuti tanto differenziati, quasi opposti, quali i muscoli e il cervello, il sangue liquido e le ossa solide, gli arti e gli occhi…

Né si spiega come queste cellule lavorino concordemente, ognuna a vantaggio dell’altra, per la perfetta realizzazione del piano comune che è stampato nel loro intimo.

E’ inspiegabile, è fantastico, ma così ognuno di noi è arrivato all’esistenza: frutto di un prodigio di inimmaginabile grandezza, proiettato da un impulso di incalcolabile energia, segnato da ineguagliabile dignità.



Questa è la prima, tenera “culla” che la madre prepara alla sua creatura…

Sono i veli della salpinge che, misteriosamente avvertita dell’accendersi di una vita in lei, d’improvviso si anima e si ammorbidisce: deve cullare e sospingere verso l’utero il prezioso ovulo fecondato.

Ma la salpinge non è sola a occuparsi di lui; un segnale scatta nel corpo materno, ogni particella è come avvisata che un figlio è fra loro: deve essere protetto!

E subito i globuli bianchi, impegnati nella difesa immunitaria, arrestano davanti a lui la loro attività: sebbene addestrati a individuare e rigettare ogni sostanza estranea (cioè con un patrimonio genetico diverso) essi salvano il piccino anche se estraneo. E’ un figlio, non c’è cellula nella madre che non lo voglia…

Eccolo questo microscopico esserino che a un attimo dal concepimento assorbe già tutte le attenzioni della madre ancora ignara: la meravigliosa natura materna risponde subito, con tutte le sue risorse, alle richieste energetiche del piccino.

In particolare si attivano e si moltiplicano gli ormoni, capaci di aiutare la nuova vita. Il superlavoro affrontato dalle cellule materne per la gravidanza provoca per qualche tempo nella donna un’inquietudine indecifrabile, spesso male interpretata. E’ uno squilibrio che poi, appena l’equilibrio ormonale sarà ristabilito, farà posto a un nuovo benessere, una serenità impensata.

Succede la stessa cosa, lo stesso trauma passeggero, dopo la nascita del bambino, quando per la separazione da lui gli ormoni della madre restano temporaneamente in sovrappiù.

Poche ore dopo la fecondazione la cellula-figlio traboccante di vitalità riesce già a moltiplicarsi; vediamo le tappe della sua primissima crescita in questa suggestiva sequenza fotografica.



Nel nucleo primitivo i cromosomi si raddoppiano per poi separarsi in due parti identiche (ciascuna con gli stessi caratteri genetici, ugualmente combinati) dando origine a due cellule; cioè, come dice la scienza moderna, “l’embrione a una cellula, prima forma dell’essere umano, diviene un embrione a due cellule” e così via: le cellule si raddoppiano vertiginosamente fino a divenire miliardi.

E’ la strabiliante edificazione di un corpo umano: con l’inarrestabile sviluppo che lo accompagnerà per anni, un bambino affronta la vita!



Così è il piccino mentre scende dolcemente sospinto dalle frange della salpinge: una pallina di cellule simile a una piccola mora, chiamata appunto morula. Fra il quarto e il quinto giorno esce finalmente dal tunnel e si trova a spaziare nell’utero.

Ora lui vuole crescere davvero, ma il suo cestino da viaggio si è esaurito! Perciò, ecco che… “comunica”: manda un messaggio alla mamma per chiederle aiuto. E glielo chiede usando il codice ormonale, emettendo cioè sostanze organiche dirette alle centrali materne.

La risposta desiderata non si fa attendere: la mucosa uterina si affretta a soddisfare il piccolo diventando soffice per offrirgli nido e nutrimento. E la piccola mora “prende terra”: conta sulla madre, come farà sempre…

Nell’arco della prima settimana, tutto teso a sopravvivere il nostro Protagonista si riveste di piccole escrescenze che gli servono per radicarsi; la sua “capsula” protettiva si aggrappa saldamente alle pareti dell’utero formando a poco a poco un labirinto di tentacoli. Da queste “radici” prende avvio la placenta: un tessuto che ha funzioni importanti perché deve filtrare tutti gli scambi fra la mamma e il suo bambino.

Intanto l’aspetto del piccino sta cambiando: all’interno della morula un gruppo di cellule ingrossate costruisce il corpicino, mentre quelle piccole periferiche costituiscono le membrane di protezione e di connessione all’utero. Fra le due parti si forma un vuoto: è l’inizio del sacco amniotico nel cui liquido il bimbo vivrà fino alla nascita.

Siamo alla seconda settimana… il corpicino si affusola e si sviluppa a strati, detti “foglietti embrionali”. Questi foglietti sono formati da cellule specializzate con compiti specifici: ognuno di loro provvede a costruire organi e tessuti particolari. Le microscopiche lamine vibrano, si aprono, si ripiegano, si gonfiano in gemma a ritmo vorticoso. E’ come vedere in un film un bellissimo fiore che sboccia sotto i nostri occhi, ma non c’è fiore che possa stare alla pari di questo “primo fiore” della Natura!



Anche il collegamento fra il bambino e la placenta si trasforma, diviene come un piccolo gambo: è l’inizio del cordone ombelicale che via via si allungherà permettendogli perfino le capriole!



Le prime due settimane del bambino coincidono con le ultime due settimane del ciclo mestruale materno: 14 giorni dall’ovulazione. Perciò quando il piccino entra nella terza settimana la madre non ha ancora il presentimento della sua esistenza. Finchè il notevole ritardo del flusso la metterà in sospetto… Ma prima di allora lui si è già sviluppato freneticamente: ha gemmato le vescicole cerebrali nella bombatura della testa, dove vanno affiorando gli occhi; ha formato il sistema nervoso, i polmoni, l’intestino, lo stomaco e … il cuore!

Già alla fine della terza settimana in questo tenero corpo in boccio pulsa un cuore. Il cuoricino del figlio pulsa dentro la mamma quando lei non sa ancora nulla della sua presenza!

Ammiriamolo nel suo “primo piano” questo piccolo uomo che da poco più di un mese vive nel seno materno! Raggomitolato così su se stesso sembra un piccolo pugile, pieno di caparbia vitalità. Il battito del suo cuore, ora più regolare, può già essere fissato su un elettro-cardiogramma.

La grossa ombra rossa sotto la manina è il fegato, che produce il sangue e lo immette nella circolazione. Il bambino fabbrica da sé il suo sangue, come tutti gli altri organi e tessuti; i primi globuli sanguigni se li fabbrica in un “torlo” esterno, attaccato con un lungo peduncolo alla placenta; lo si vede in basso, in questa foto presa verso la quinta settimana: sembra il palloncino del piccolo! Finito del tutto il suo compito, si staccherà con il suo filo...





Ecco il nostro bambino a sei settimane.

La testa, che sembra voler attirare tutta la nostra attenzione, resterà a lungo la parte più vistosa e commovente del corpicino: qui è la straordinaria “centrale”, qui sono potenzialmente racchiuse le scintille




di intelligenza che forse illumineranno il mondo: le idee di domani sono in queste tenui anse cerebrali, che già mandano un loro messaggio; si può ormai registrarne l’attività in un normale elettroencefalogramma. Le dita sono ormai “sbocciate” ma le braccia sono ancora troppo corte e le manine non si possono incontrare. Gli occhi si sono costruiti con le cellule del cervello;il



Il piccino, che ora viene chiamato feto, ha otto settimane.

Ha ormai superato i 60 giorni più importanti della sua vita: la formazione di tutti i suoi organi è terminata. In lui c’è già tutto quello che si troverà nell’essere umano perfettamente sviluppato.

D’ora in poi non avrà bisogno che di raffinare le sue funzioni e di crescere: dai due ai nove mesi moltiplicherà venti volte la sua statura e mille volte il suo peso.

Dunque, quando la madre si presenta alla sua prima visita di controllo il suo bambino è già completo. Come in un vero gioiello tutto è gemma in lui: la gemma delle labbra, delle narici, degli orecchi, degli occhi, del sesso, perfino le gemme dei futuri dentini…

L’intensa crescita del piccolo richiede un incessante rifornimento.

Per procurarglielo la placenta si sviluppa tanto da raggiungere alla fine la



velo delle palpebre è già calato, ma è così trasparente che non lo si vede.




Consistenza di un largo disco spugnoso di circa mezzo chilo. In questa foto (a dieci settimane), ne vediamo il raccordo.

La placenta fa da barriera fra la madre e il figlio, serve da terreno di scambio fra loro senza permettere mescolanza di sangue.

Infatti il sangue del bambino, passando dal cordone ombelicale, scorre nella placenta cercando di accostare i vasi sanguigni materni che si trovano al di là, nell’utero.





Così, attraverso quella parete i globuli si scambiano il loro carico gassoso: il piccino scarica alla mamma il “cattivo” (anidride carbonica) e le ruba il “buono” (ossigeno e sostanze nutritive); mentre lei fa maternamente l’opposto: si porta via il cattivo e gli lascia il buono… come farà sempre!



Guardatelo a tre mesi, non è… incredibile?!?

Le sue fattezze si stanno ormai precisando. Le labbra si aprono e si chiudono, la fronte si raggrinza, l’area delle sopracciglia si solleva, la testa si volta: il piccolo cerca di farsi espressivo, di inventare un muto ma efficace linguaggio per farsi capire appena sarà nato.

Il pigmento scuro della retina traspare ancora dalla delicata epidermide delle palpebre che rimarranno chiuse fino al settimo mese per proteggere i globi oculari.

Spuntano le unghie alle mani e ai piedi, la colonna vertebrale si ossifica, sul petto nascono le piccole protuberanze delle mammelle; dagli organi genitali, ora perfezionati anche all’esterno, si può sapere se è maschio o femmina.

Ha soltanto quattro mesi ed è già perfetto!

I suoi movimenti nel suo mondo acquatico sono agili e pieni di grazia.

Lui nuoterebbe in continuazione ma ora cerca di adattarsi alle esigenze della madre.

Talvolta le sue manine tirano pugni di protesta se qualcosa lo disturba troppo.

E queste manine hanno già le impronte digitali da circa due mesi!

E’ emozionante pensare che questo piccino non è un essere indefinito ma ha già una personale storia alle spalle e sui teneri polpastrelli porta il segno fisico della sua identità.



Questa è la più affascinante immagine del bambino nel seno materno: a cinque mesi succhia il dito, si esercita per quando succhierà il latte della mamma.

Gli impulsi dei suoi nervi si sono perfezionati: quando il pollice si avvicina alla bocca, subito le labbra lo afferrano e la lingua comincia piccoli movimenti di suzione. E’ un riflesso necessario al piccino per dopo, quando sarà il seno o il dito della madre a sfiorargli la guancia e lui si volterà con la boccuccia protesa, pronta



a poppare. Così si prepara a quel dolce momento.



Vediamo in queste due immagini il raffronto fra madre e figlio dal 6° al 9°mese. Il piccolo usa ormai i suoi sensi, “risponde” ai rumori sgraditi o graditi, è in relazione con il ritmo di vita della mamma: spesso si addormenta e si sveglia con lei.





Il corpicino del bimbo ha ormai occupato tutto lo spazio. Ogni giorno si fa più vigoroso e più bello.

Il piccolo non respira nel suo mare, come fanno i pesci; fa respirare tutte le sue cellule con l’ossigeno trasportato dal sangue; ma esercita ugualmente i muscoli respiratori, così come si affina per tutte le funzioni future.




E’ paffuto, roseo, reagisce sempre più energicamente al disagio, al disturbo. La sensibilità fisica è molto precoce nella vita prenatale; la suscettibilità del piccino al contatto, al dolore, è stata registrata fin dal primissimo tempo: nessun adulto è proiettato verso l’avvenire quanto un piccolo concepito che è come un esplosivo di vitalità, un concentrato di energia con un incredibile istinto di conservazione.



E finalmente il nostro Protagonista condivide con la sua mamma l’esperienza del parto per venire alla luce!

Ma quando le pareti dell’utero si serrano contro di lui, lo spingono con ritmi inesorabili, lo strappano al suo caldo mondo felice, l’ignaro piccino vive la sua nascita come una minaccia di morte: il suo primo grido nel mondo è anche il grido della sua primordiale paura e della sua immensa voglia di vivere! Poi, quando la mamma lo accoglie teneramente sul suo seno il piccolo si rilassa: ritrova fiducia nel ritrovare il battito di quel cuore, la culla di quel respiro…

Allora spiana le rughe, allenta i piccoli pugni contratti: conosce una nuova felicità!

Il “tesoro” che finalmente i genitori stringono fra le braccia è per loro tutto da scoprire; ma lui ha già scoperto loro… Da tempo li ha “sentiti”, in quei mesi di misteriosa comunicazione e maturazione.






E’ provato che il neonato si acquieta alla voce materna perché gli è già nota e cara; ma il piccolo distingue anche la voce del padre, la riconosce fra le voci degli altri familiari.

E’ provata la memoria del bambino per i rumori domestici, per le musiche e specialmente per le emozioni sentite in quei nove mesi; emozioni che talvolta gli specialisti hanno registrato attraverso le accelerazioni del piccolo battito cardiaco.

E’ provata la struggente ricerca di compagnia, divenuta indispensabile al piccino che si è abituato alla compagnia fedele del cuore materno.

E’ provato soprattutto il suo profondo bisogno d’amore, nutrimento insostituibile per lui che dell’amore ha fatto l’esperienza esistenziale della natura materna.

Il piccolo essere umano venuto alla luce, così piccolo ai nostri occhi, è già grande, grandissimo...



E’ questa la nostra prima storia, così ognuno di noi si offre al mondo fin dalla prima scintilla vitale: fatto per amare ed essere amato...




“Chiudiamo qui il nostro documentario. Dall’ora zero alla prima luce abbiamo ammirato l’alba di un arcano e ineguagliabile prodigio, l’alba della vita umana. Meno durevole della materia, meno forte di molti animali, debolissimo di fronte alla morte, l’essere umano è infinitamente superiore a tutto perché soltanto lui è un mistero personale.

Per questo, di fronte a ogni nuovo figlio, al minuscolo figlio dell’uomo, l’umanità si trova scossa e commossa: consapevolmente o inconsapevolmente essa sente allora di essere di fronte al vertice della natura, alla “prima meraviglia” nell’universo!”